mercoledì 14 marzo 2012

Benvenuti al corso di Storia degli ordinamenti amministrativi e giudiziari

Cari Studenti,

come vi dicevo a lezione, credo che questo blog di storia del diritto - creato per favorire il dialogo con gli studenti di Giurisprudenza - possa accogliere ora anche le nostre discussioni sulla storia del diritto amministrativo nell'ambito del corso di Storia degli ordinamenti amministrativi e giudiziari nella Facoltà di Scienze Politiche. Lasciate qui i vostri commenti, curiosità o dubbi su quanto stiamo affrontando nei nostri incontri, perchè saranno sicuramente di aiuto e stimolo per i vostri colleghi.

Per il momento abbiamo accennato al sistema del diritto comune che ha regolato la società d'antico regime e discusso più nello specifico di auto ed etero amministrazione. Proseguiremo domani vedendo come i giuristi medievali hanno letto la coeva esperienza amministrativa.

Buon lavoro e a domani

25 commenti:

Sonia ha detto...

Complimenti, interessantissimo questo blog!

Sonia ha detto...

Un esempio di burocrazia cinquecentesca: il Consiglio d’Italia e i suoi rapporti con Filippo II nel 1559

da: Sezione II – I tentativi di riorganizzazione amministrativa e la loro crisi (1520-1560)

L’istruzione che ci propone Angelo Torre, Istruzione data da Filippo II ai membri del Consiglio d’Italia (Toledo, 3 dicembre 1559), potrebbe mostrarsi come uno dei primi vagiti della funzione pubblica moderna che andrà ad affermarsi solo nel XVIII secolo, repressa dalle spinte accentratrici dei sovrani assolutistici, se solo non fossimo influenzati dalla storia precedente e successiva all’età di Filippo II.

Siamo di fronte all’instaurazione di un Consiglio, a base assembleare con organizzazione interna che prevedeva un Presidente, scelto nell’ambito dell’alta nobiltà spagnola, sei reggenti, due per il Regno di Sicilia, due per il Regno di Napoli e due per il Ducato di Milano e tre segretari. A questa organizzazione Filippo II attribuisce, o meglio, delega (le decisioni prese dovevano sempre essere rimesse in ultima istanza al Re, e quindi questo passaggio fa decadere la titolarità della funzione nei confronti del Consiglio ) alcuni precisi compiti. I membri del Consiglio dovevano amministrare giudicando circa questioni, oggi diremmo, privatistiche: vendite e alienazioni di beni feudali, trasmissioni di beni di padre in figlio. Si ponevano limiti nell’istruzione, invece, riguardo decisioni in merito a giustizia e finanza, come dice Angelo Torre vi era una “trasmissione alla capitale di tutti i problemi importanti”. Se da un lato può sembrare che questa bella intenzione del sovrano sia il preludio di uno stato di diritto, Filippo II dice nell’istruzione di voler concedere a tutti pari facoltà, è in realtà una strategia per affermare e affermarsi ancora una volta come detentore assoluto della potestas.
Dando un’altra chiave di lettura, potremmo intuire la volontà unita al timore del sovrano di non concedere troppo alla nobiltà, mettendo appunto paletti inibitori su alcuni poteri, per impedire che questa prendesse importanza, e sociale e politica, in grado un giorno di mettere in discussione la legittimità del Re.

Considerazioni.
Interessante l’analisi della storia del diritto amministrativo svolta da Angelo Torre, un taglio diverso, azzarderei unico. Egli, infatti, non identifica la storia dello stato con la storia dell’amministrazione. Se pensiamo infatti che alle origini la funzione pubblica non era solo funzione pubblica, con l’accezione contemporanea, era anzi un qualcosa di indefinito tra amministrazione e giurisdizione, è giusto che lo sguardo di uno studioso debba essere rivolto ad un quadro complessivo e completo della materia, che non può soffermarsi sulla ricerca storica, o politologica o soltanto giuridico-normativa. Ecco allora che egli propone una cornice alla mera attività di “amministrare”, inserendo la realtà sociale e la realtà politica, il quadro storico e geopolitico, nonché la sfaccettatura giuridica.

Dott.ssa Silvia Di Paolo ha detto...

Cara Sonia,

grazie per aver lasciato una sintesi di questa sua lettura critica del testo di Angelo Torre. Mi sembra un ottimo punto di partenza per discuterne nei prossimi incontri.

Buon fine settimana

Walter ha detto...

Fiscalità arbitraria e sviluppo dell'amministrazione: il caso francese degli «élus»

da:Sezione I - La formazione dello stato rinascimentale

Evoluzione dei rapporti tra autorità centrali e periferiche attraverso lo strumento della fiscalità in Francia (Ordinanza del 1508.

Attraverso la creazione di figure "buone e oneste, servibili e leali", inizialmente deputati dagli stessi Stati e successivamente designati dal potere regio, escluse le procince che mantennero le assemblee rappresentative locali, si assicura il compito della ripartizione e riscossione delle imposte dirette e indirette da parte dell'autorità centrale. Viene rappresentato lo strenuo tentativo del regnante di sottrarre questi funzionari all'influenza delle elites locali, al fine di garantirsi tributi maggiori e più uniformi.

Conclusioni
Questa lotta di potere determinata dalla posizione concorrenziale assunta dalla aristrocrazia e dalla corona riferita alla ricossione dei tributi,testimonia come l'assenza di organismi centrali non influenzabili rappresenti la sostanziale debolezza di un'autorità centrale che, in questo modo, non riesce a coprire il costo di una ormai sempre più complessa organizzazione istituzionale.

Laura I. ha detto...

La scorsa lezione abbiamo visto come nell’ordine giuridico medievale l’esercizio del potere pubblico si manifesta nella forma della iurisdictio. Dietro questo termine, come ho avuto modo di leggere in “Iurisdictio. Semantica del potere politico nella pubblicistica medievale” di Pietro Costa, si profila tutto un mondo concettuale di grande complessità. C’è un’immagine molto suggestiva nel testo che mi ha colpito e che credo renda molto plasticamente l’importanza di questo termine nel Medioevo: “…per il pubblicista medievale, il Corpus Iuris Civilis era come un mucchio di pietre e una di queste pietre era la iurisdictio”. Infatti i giuristi del rinascimento medievale per delineare il concetto di iurisdictio potevano attingere solo dalla compilazione giustinianea e dalla prassi, visto che, nel linguaggio colto alto medievale, la iurisdictio sembra essere una parola piuttosto rara perché ricorre solo nell’epistolario di Gregorio Magno e non trova grande fortuna nei documenti pontifici alto medievali. Il Costa dimostra poi l’equivalenza iurisdictio-potere pubblico realizzata nel Medioevo a partire da Irnerio che, cominciando a collegare tra loro i “lessemi giustinianei”, tratta fra questi anche del caso della iurisdictio di cui pone la definizione: “Iurisdictio est potestas cum necessitate iuris reddendi equitatisque statuende”. L’espressione “aequitatem statuere” nella definizione irneriana fa così comprendere che la genesi della norma passa per la iurisdictio. Nel concetto di iurisdictio è contenuto così quello di posizione delle norme: “iudicare” è anche “legem condere” perché “iudicare”, come abbiamo visto a lezione, non è sinonimo di giudicare, ma è equivalente, sottolinea sempre Costa, a “processo di potere di cui la norma è momento essenziale”. E sarà poi con Bartolo da Sassoferrato che questo processo di potere raggiunge il suo culmine perché il commentatore trecentesco aveva saputo racchiudere nel simbolo di iurisdictio tutti i rapporti di dominio della società del suo tempo che, come conclude il Nostro, “erano sempre più chiaramente riempiti non tanto di istanze di giurisdizione, ma di istanze di legislazione”.

Dott.ssa Silvia Di Paolo ha detto...

Cari Studenti,

continuate a lasciare le vostre considerazioni sulle letture che state facendo, ci saranno molto utili per discutere mercoledì pomeriggio.
Naturalmente l'invito è anche a chi non può partecipare alla discussione questa settimana. Ringrazio Sonia e Laura per avermi avvertito della loro assenza.

Qui sotto avete l'indicazione di un sito che offre diversi spunti di riflessione.
Provate a cercare questioni e dibattiti che interessano il nostro discorso sulle origini del diritto amministrativo e a lasciare un vostro commento.

Buon lavoro

http://www.observatoiredesreligions.fr/spip.php?article54

Walter ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Dott.ssa Silvia Di Paolo ha detto...

Di seguito la scheda che ho ricevuto via email dal vostro collega Walter:


Sezione I - La formazione dello stato rinascimentale.
19 - Fiscalità arbitraria e sviluppo dell'amministrazione: il caso francese degli «élus».

Dalla lettura del documento (Ordinanza del 1508) si evince una situazione conflittuale esistente in Francia, tra l’autorità centrale (Luigi XII) e quella dell’aristocrazia locale, in relazione alla raccolta dei tributi attraverso appositi funzionari eletti (élus), la cui fedeltà era oggetto della disputa.

La raccolta dei tributi è caratterizzata dalla presenza di una figura di “esattori” che, inizialmente, erano deputati dagli Stati Generali e, successivamente, a seguito di nomina e di rappresentanza del potere centrale, divennero ufficiali da esso dipendenti. Il tutto finalizzato alla certezza di una raccolta dei tributi quanto più omogenea sul territorio. Tuttavia, gli stessi élus erano, da una parte, soggetti alle influenze delle élites locali e dall’altra utilizzavano il prestigio e il potere della posizione acquisita per trovare una loro affermazione all’interno della gerarchia degli status.
A fronte di questo rischio, Luigi XII emanò nel 1508 una Ordinanza contenente precise indicazioni e limiti all’attività di questi funzionari, che si possono riassumere in:

- obbligo degli eletti alla residenza nel luogo di esercizio della loro carica;
- proibizione agli eletti di ricevere un pagamento non ragionevole per l’esame delle cause;
- proibizione di affidare l’appalto di ricevitori a propri familiari, causando una possibile riduzione dei cespiti, ovvero di partecipare direttamente a detti appalti;
- presenza fisica degli eletti al momento della ripartizione delle taglie, per sorvegliarne l’equità;
- obbligo degli eletti di costringere i ripartitori a fissare una quota in base alla ricchezza;
- ai ricevitori delle taglie è imposto l’obbligo di non accettare alcun dono dalla popolazione della loro circoscrizione.

Siamo in presenza di una lotta di potere determinata dalla posizione concorrenziale assunta dall’aristocrazia locale e dalla corona in merito alla riscossione dei tributi.
All’interno di questa contesa le popolazioni rurali vedono la presenza della Corona come una garanzia di emancipazione dal servaggio, nei confronti delle élites locali, a fronte di una base fiscale di dimensioni generose a favore del Re e a sfavore della classe signorile.
La Corona francese impone un tributo, la “taglia reale”, la cui riscossione viene affidata a funzionari direttamente dipendenti dal Re, i quali ne stabiliscono la ripartizione tenendo conto delle effettive ricchezze possedute e senza il consenso delle autorità locali.
Appare subito chiaro come tali figure siano oggetto di tentativi di influenza da parte delle autorità locali, nonché tentate, a loro volta, di affermare il proprio prestigio e potere all’interno della realtà locale in cui vivono.
L’analisi della situazione, così come sopra evidenziata, testimonia come la concorrenzialità tra l’Aristocrazia e la Corona rispetto al prelievo fiscale, unita all’assenza di organismi centrali finalizzati a concordare l’esattezza e la costanza del gettito, che rimane vincolato agli squilibri causati dall’influenza del potere locale, rappresenti la sostanziale debolezza di un'autorità centrale che, in questo modo, non riesce a coprire il costo di una ormai sempre più complessa organizzazione istituzionale.

Dott.ssa Silvia Di Paolo ha detto...

Caro Walter,

mi dispiace aver eliminato per errore il suo commento sulla nascita dello stato moderno. Può pubblicarlo di nuovo?

Grazie

Marzia ha detto...

SEZIONE II punto 9:IL PESO DELLO STATO SULLA SOCIETA':L'ESERCITO.
Dalla seconda metà del ’400, si evidenzia come la costituzione di eserciti permanenti in sostituzione di quelli occasionali, sia da considerarsi un fatto di portata rilevante, sia riguardo la crescita della potenza militare dello Stato, sia riguardo il rapporto Stato-società. Relativamente al primo aspetto, occorre ricordare che nel 1453, alla fine della guerra dei cent’anni (combattuta tra Inghilterra e Francia e vinta dai francesi), il nucleo permanete dell’esercito francese non si sia disgregato a differenza di precedenti campagne militari. Questa circostanza rafforza ancor di più la convinzione, tra la classe dirigente dell’epoca, che gli eserciti occasionali hanno uno scarso peso militare, mentre l’esercito permanente francese, come scrive l’ambasciatore veneziano Soranzo nel 1558 è caratterizzato dalla forte coesione sociale delle unità combattenti (le compagnies d'ordonnaces) e da ben distinte gerarchie militari. Dunque il peso esercitato dallo Stato sula società ,con il tramite della potenza militare dell’esercito permanente, diventa più forte, e questo è confermato nella lettera che Caterina de Medici (madre di tre sovrani francesi), scrive nel 1575 alle autorità civili e ai cittadini della città di Angers riguardo l’urgenza di fornire del vettovagliamento all’esercito del figlio (siamo in piena guerra di religione in Francia). Proprio la questione del vettovagliamento all’esercito è un esempio di come lo Stato abbia potere nei confronti della società: Caterina esorta gli abitanti di Angers a fornire viveri ai militari promettendo un successivo rimborso, altrimenti, in modo molto pacato ma diretto, minaccia di lasciar liberi gli stessi soldati di procurarsi il cibo da soli (ovvero con tutti i mezzi possibili, violenza compresa).
FONTI: relazione di Giacono Soranzo ritornato ambasciatore dal Re di Francia (1558) Lettres de Caterina de Medicis,Paris, 1880-1909.

Laura I. ha detto...

Nell’ambito della nostra discussione sulle origini della disciplina pubblicistica, abbiamo visto come l’espressione “diritto amministrativo” sia un’acquisizione piuttosto recente del lessico giuridico. La prima monografia dedicata a tale branca del diritto, come ci ha detto la Dott.ssa Di Paolo a lezione, è del 1814 e porta la firma di Gian Domenico Romagnosi . Secondo un’altra corrente storiografica la nascita del diritto amministrativo sarebbe da individuare nel 1873, anno in cui il Tribunale dei conflitti francese, decidendo in ordine alla domanda di risarcimento presentata dai genitori di una bambina investita da un furgone dell’ Agenzia Statale dei tabacchi, stabilì che la questione era sottratta alla competenza del giudice ordinario e affidata così alla giurisdizione speciale. Ciò non ha impedito a molti storici di parlare di un “diritto amministrativo ante litteram”. Così Massimo Tucci che in “L'amministrazione tra pubblico e privato e il principio di legalità dall'antichità ai giorni nostri. Aspetti ricostruttivi e prospettive di sviluppo” sostiene che il diritto amministrativo è coevo addirittura al nascere e allo svilupparsi dei concetti di polis greca e di res publica romana. Infatti, nel mondo classico non mancano esempi che depongono a favore dell’esistenza di un sistema di giustizia a ricorsi di carattere amministrativo e di un corpus di norme specifiche che ne disciplinano sia il funzionamento, sia i rapporti con i soggetti terzi. Ad esempio, la presenza di un nucleo di norme volte a disciplinare l’attività della polis nel conferimento e nella gestione degli appalti pubblici, si può ritrovare in una grande iscrizione della metà del IV secolo a.C. proveniente da Tegea dove è contenuto un vero e proprio regolamento generale dei lavori pubblici. Nell’ordinamento giuridico romano, di ampio utilizzo erano gli atti di concessione come nel caso delle concessioni per lo sfruttamento delle miniere rilasciate dai procuratores metallorum equiparabili ad un organo di amministrazione statale. Nel Medioevo, l’ente pubblico per eccellenza è, a partire dal XII secolo, la civitas: soggetto dotato di personalità giuridica, preposto al perseguimento del “commune bonum” e in posizione di supremazia sui soggetti privati. Secondo Tucci viene così ad enuclearsi un diritto speciale della civitas come qualcosa di diverso dallo ius commune.

(...segue)

Laura I. ha detto...

(...segue da sopra)
In ambito statuario, si hanno così norme quadro per la stipulazione da parte della civitas soprattutto in campo di vendita e locazione. Istituti come quelli della concessione o della procedura ad evidenza pubblica, principi come quello della rilevanza dell’utilità per la civitas, della sanzionabilità dei funzionari corrotti, della nullità dei contratti conclusi senza il rispetto delle norme procedurali e sostanziali, li ritroviamo tutti in quest’epoca. Il diritto pubblico viene però “ricostruito” partendo dall’ottica del diritto privato. Per i giuristi medievali l’essenza del negozio di diritto pubblico è quel perseguimento del fine di pubblico interesse che, in questo periodo, costituisce la bussola che orienta l’azione del soggetto pubblico rispetto a quelli privati. Così ad esempio avviene nel caso di mutuo di diritto pubblico: gli amministratori pubblici, contraenti per nome e per conto della civitas, rispondono in proprio qualora manchi il fine di pubblico interesse. Ma il titolo in base a cui essi rispondono non è la civilistica fideiussione, bensì la pubblicistica responsabilità da interesse privato in atti di ufficio. La firma del rappresentante della civitas, posta in calce all’atto di mutuo contratto per finalità proprie dell’ente pubblico anziché ricondurre il contratto nell’alveo del diritto privato assume al contrario una ben precisa valenza pubblicistica. Questo utilizzo del diritto privato e in particolare del diritto di proprietà, per la costruzione teorica degli istituti pubblicistici, si riferirebbe secondo il Tucci anche al rapporto tra Signori e sudditi. Il Signore medievale era percepito dai suoi sudditi o vassalli non come un “privato più forte”, ma come il “potere”. L’uomo del Medioevo era così conscio che, nell’ubbidire al Signore, perseguiva anche un interesse collettivo e quindi il proprio, così come ben comprendeva che nel prestarsi alla corvè della costruzione di una strada per volontà del potente locale otteneva in cambio il beneficio di avere a disposizione una nuova via di comunicazione o una struttura di difesa.

Mi scuso per la prolissità del mio commento, ma ne ho approfittato visto che questa settimana non potrò partecipare alle lezioni.

Buono studio a tutti!

Luisa ha detto...

Bentrovati..

Walter ha detto...

La Chiesa all'origine dello stato moderno: Padoa-Schioppa

Interessante ipotesi che vede la chiesa come modello di riferimento per l’origine dello stato moderno, partendo da una concezione della figura del Papa che assume nel tempo, dalla caduta di Roma, una giurisdizione sempre più illimitata (temporale e spirituale) approfittando dello scarso ruolo legislativo offerto dai regnanti del tempo.
In questo modo in diritto canonico si sarebbe sviluppato incorporando al suo interno anche i dettami per la disciplina amministrativa. Inoltre, viene indicato come un principio base della democrazia contemporanea, il diritto di voto, non sia altro che il risultato della combinazione del principio di maggioranza e del concetto di rappresentazione in gran parte ispirato dal mondo ecclesiastico.
Non ultimo viene rappresentato il paradosso nella nascita dello stato della Chiesa, nel senso che non è mai stato messo in discussione, nel tempo della sua formazione, il principio fondamentale della separazione tra lo spirituale e il temporale.
Devo ammettere che mi lascia perplesso come si possa tralasciare quale idea originaria, anche solo allo stato embrionale, la nozione di democrazia risalente ai tempi dell’antica Grecia o quella di Repubblica sviluppata dal popolo romano. Senza dimenticare chi ritiene che la Democrazia moderna non sia altro che il frutto del passaggio, anche traumatico, dai secoli delle costrizioni ideologiche religiose alle costrizioni dei secoli dei “lumi”, che ha visto la caduta, improvvisa o graduale, della monarchia di diritto divino soppiantata dalla Monarchia costituzionale o dalla Repubblica.

Dott.ssa Silvia Di Paolo ha detto...

Cari Laura, Marzia, Sonia e Walter,

vi ringrazio di aver lasciato queste vostre ampie riflessioni, che ci offrono degli ottimi spunti per proseguire nel nostro discorso sull'amministrazione nel medioevo e prima età moderna.

Continuate a leggere, a raccogliere spunti, a seguire la vostra curiosità con atteggiamento critico.

Buon lavoro e a tra poco

Dott.ssa Silvia Di Paolo ha detto...

Riporto di seguito il commento che Fabrizio ha lasciato ad un post precedente, che però non riguarda il nostro discorso e potrebbe per questo restare nascosto.

Fabrizio
Stato e società dell’ antico regime
A cura di Angelo Torre , Professore Ordinario di Storia Moderna dell’Università del Piemonte Orientale Facoltà di Scienze Politiche

UN SOVRANO DEFINISCE I SUOI POTERI

Gien-sur-Loyre, 12 agosto 1523
Il seguente saggio è ambientato in Francia, sotto l’egemonia del sovrano Francesco I che governò dal 1515 al 1547.

Il sovrano,è il soggetto che detiene la sovranità, ovvero il titolare di un insieme di poteri assoluti e perpetui che esercita quotidianamente.
Egli Era titolare dei seguenti poteri: gestione del fisco, determinazione delle imposte,aveva il compito di provvedere e conferire tutte le dignità e uffici del regno, di guardia di capitaneria, giustizia, libertà, esenzione, dono e concessione delle città del regno, poteva diminuire contenere o aumentare appalti dopo aver sentito il parere degli ufficiali,( come richiesto dalla consuetudine), concedeva vendite, tredicesime, diritti e doveri, disponeva il pagamento delle milizie, il controllo degli esecutori della giustizia e degli ufficiali del regno, prolungava estendeva o limitava ogni privilegio, trattava, concludeva e giurava tregue, armistizi, paci e alleanze generali.
Per esercitare tutte le sue funzioni si avvaleva di ufficiali, giudici, consiglieri, da lui nominati, ciascuno dotati di potere e giurisdizione, mantenendone la titolarità e il potere di avocare a sé ogni qualvolta lo riteneva opportuno ogni tipo di funzione da lui delegata.
L’obiettivo principale del periodo rinascimentale che si differenziava dal passato dal punto di vista giuridico era quelle di far amministrare la giustizia dalle corti sovrane garantendo il buon ordine, e civiltà.
Ciascuna corte nel suo potere e giurisdizione aveva oltre al dovere di giudicare, consigliare e amministrare, anche il compito di prestare ascolto alle lamentele e doglianze vantate dalla collettività, ottemperando ad esse in modo appropriato.
Proprio grazie a questa nuova funzione Inizia a sorgere un nuovo obiettivo centrale di governo cioè quello di mantenere la pubblica sicurezza e la pace interna, ridimensionando il valore della libertas, del diritto e della giustizia in senso teorico.

Lorenzo ha detto...

LO STATO MODERNO IN EUROPA, CAPITOLO GIUSTIZIA E AMMINISTRAZIONE. DI MANNORI E SORDI.

Da Sezione: l'universo giustiziale: ascendenze medievali, proiezioni moderne

Tra il XIII secolo e fino a un '700 molto avanzato, la rappresentazione di gran lunga più condivisa di potere pubblico ha trovato il proprio paradigma nell'atto di giudicare.
Tale continuità è il prodotto della realtà istituzionale dell'epoca caratterizzata principlamente da 2 tratti profondi:
- Il carattere composito e pluralistico dei corpi politici
- La preesistenza del diritto rispetto al potere.
secondo una rappresentazione di giuristi italiani e francesi del '200 e '300, ogni fattispecie di esercizio può essere ricondotta a un'unica funzione, indicata col termine di Iurisdictio.
una dura critica a questa raffigurazione viene fatta dall'umanesimo giuridico cinquecentesco secondo cui il vero asso portante dell'universo funzionale romano era costituito dall'Imperium.

Da sezione: Attività amministrativa e Stato giurisdizionale

Gli Stati dell'età moderna si trovarono costretti ad assumere una quantità di compiti che nel Medioevo era sicuramente assente.
Tuttavia all'emergere di questo complesso di attività a carattere amministrativo, non fece riscontro in alcun modo la messa a punto di una funzione amministrativa, caratterizzata da atti e procedure.
Una spiegazione di questo paradosso può essere data dal fatto che nell'antico regime le responsabilità amministrative erano imputate a soggetti diversi rispetto al potere centrale, i corpi intermedi.

ALBERTO ha detto...

Salve a tutti!!!!

Di seguito un piccolo accenno del tema che ho analizzato ma non ancora esposto in aula.

Fonte: STATO E SOCIETA' NELL'ANCIEN REGIME di Angelo Torre

SEZIONE I: LA FORMAZIONE DELLO STATO RINASIMENTALE

17. I Consigli territoriali nella mionarchia inglese

L'anno è il 1544 circa, nell'Inghilterra del re Enrico VIII.
In questo perido, i Consigli territoriali vigenti nel contesto della monarchia inglese subirono una netta ridefinizione delle loro funzioni esplicite ed implicite proprio per volere di Enrico VIII, il quale impartì una serie di istruzioni dalle quali si può ben comprendere il contenuto di tale ridefinizione.
Inoltre, la ridefinizione delle funzioni dei Consigli territoriali mette bene in risalto quello che può essere considerato un tratto fondamentale del "dispotismo" dei Tudor:
- la lotta contro la clientela nobiliare;
- l'imposizione diretta dell'autorità del sovrano nei confronti dei sudditi, con lo scopo di limitare il potere delle autorità intermedie costituite dai potentati locali.

Anonimo ha detto...
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