498246
|
30
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423977
|
25
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0491521
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18
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465406
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27
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498640
|
23/24
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471121
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INSUFFICIENTE
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437621
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23/24
|
470183
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30
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0497903
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25
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440725
|
27
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497953
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29
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497952
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28
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469892
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28
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471255
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25
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501788
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18
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463533
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27
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437981
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28
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469628
|
INSUFFICIENTE
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484694
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26
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263869
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23/24
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477021
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21
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0498634
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27
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484933
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25/26
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498643
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27/28
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498627
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25/26
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499067
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23
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498251
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27/28
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0498988
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23
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venerdì 2 dicembre 2016
RISULTATI DELLA PROVA SCRITTA DI STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO - PROF.SSA MENZINGER - SCIENZE DEI SERVIZI GIURIDICI - DEL 30.11.2016
giovedì 1 dicembre 2016
lezione del 30 novembre 2016
Lo spirito umanistico e la passione per il mondo antico si declinarono nel
corso del XVI secolo in diverse sfere della dottrina giuridica.
Una prima sfera di azione dei giuristi umanisti fu quella della critica filologica delle fonti. Lo
spirito indagatore alla base di tutte le principali discipline e scienze del
XVI secolo si tradusse, nel diritto, in uno studio analitico e critico del
testo. Questo atteggiamento di diffidenza nei confronti dei testi, a ben guardare,
riflette un più generale atteggiamento di analisi e ricerca del vero
discostandosi dalla passiva accettazione acritica delle fonti e dei testi tramandati
dalla tradizione. Questa mentalità svolse un ruolo anche nella stessa riforma
protestante, che pose in dubbio il testo della vulgata biblica, andandone a
ricercare il significato direttamente sulla fonte antica greca e non corrotta.
Uno dei più grandi esponenti della filologia giuridica del cinquecento fu Andrea Alciato giurista italiano
trasferitosi in Francia a seguito delle critiche mossegli dai suoi colleghi
dell’università italiana. Egli ricevette una formazione umanistica tale da
renderlo un grande conoscitore delle lingue greca e latina. Effettuò
annotazioni critiche al Corpus, soprattutto al Digesto ed ai Tres Libri, data
la sua passione per le istituzioni antiche. Si occupò di ricostruire il testo
originale del Digesto reinserendovi, grazie all’ausilio dei manoscritti
antichi, le parti in greco che i copisti medievali avevano eliminato. Il nuovo
modo di approcciarsi ai testi di cui Alciato è espressione è alla base del
rinnovamento del diritto moderno; si cominciò a comprendere la profondità
storica delle fonti, soprattutto romane, e la loro differenza con il diritto
attuale.
Il suo insegnamento si diffuse
soprattutto in Francia. Alcuni suoi seguaci si occuparono, per primi, di storia
del diritto oltre che di filologia. Tra questi ricordiamo Jacques Cujas (1522-1590) o Cuiacio.
Egli cercò di ricostruire la dialettica storica delle fonti romane, dando rilevanza
a fonti diverse dal Corpus, come per esempio il Codice Teodosiano.
Tra i suoi allievi, quasi contemporanei, spiccano le figure di Pierre Pithou (1539-1596) e Francois Hotman (1524-1590). Pithou applicò
la propria passione per la stratificazione delle fonti storiche allo studio del
diritto francese. Egli, infatti, vedeva la storia come un lento stabilirsi di
un dato potere in un dato territorio, nel suo caso il regno di Francia. Il
lavoro filologico e le edizioni critiche dei testi antichi rappresentano, in
quest’ottica, la forma scientifica della storiografia. L’idea, poi, della
legittimazione del potere centrale attraverso la sua giustificazione storica,
fu fatta propria dalla corona stessa che promosse, in Francia, la fondazione di
diverse accademie nazionali per lo studio scientifico e la ricerca delle fonti
del popolo francese, espressione del loro spirito (v. ad es.1635, Académie française ). Anche in Hotman
fu centrale la questione circa la legittimità delle istituzioni giuridiche
francesi; a riguardo egli pubblicò l’opera “Franco-Gallia”. L’opera che,
tuttavia, viene presa a manifesto del suo pensiero è l’ Antitribonianus, sive Dissertatio de studio Legum. Le accuse mosse
a Triboniano da Hotman si concentrarono sul metodo: da un lato l’aver composto
il Digesto tagliando ed incollando pezzi di opere di giuristi differenti aveva
di fatto “condannato a morte” le opere originali dei giuristi di epoca
classica, dall’altro l’architettura sistematica del Digesto e del Codex non
seguiva un’organizzazione razionale della successione delle materie.
In questo senso Hotman rappresenta l’anello di congiunzione tra la prima
grande sfera umanistica del diritto, la filologia, e la seconda: la sistematica. Il riconoscimento della
carenza della compilazione giustinianea rappresenta un altro tassello della
legittimazione del regno di Francia: l’abbandono dell’accettazione acritica
della struttura compilativa romana diede adito alla possibilità per il potere
centrale di progettare egli stesso un sistema razionale di istituti giuridici.
Il più noto sistematico dell’epoca umanistica è Huges Doneau (1527-1591) che,
abbandonando il modello di conoscenza “per avvicinamenti mediante contrasti”
tipico della dialettica e scolastica medievali, adottò un metodo di descrizione
dei concetti analitico ed armonico, fondato sulla descrizione dei concetti
generali e poi particolari. Questa disciplina mentale, prima che didattica,
diventò ben presto un elemento tipico della sistematica tedesca. La Germania
cominciò a porsi come terreno d’elezione di tutta la sistematica giuridica.
Tornando alla questione della legittimazione del potere, uno dei più
importanti teorici dell’assolutismo francese fu Jean Bodin (1529-1596). Nella sua
opera République l’autore utilizzò la
sua profondissima conoscenza della storia per giustificare la sovranità
assoluta del re sullo stato francese. Secondo il giurista era proprio la storia
delle fonti e delle istituzioni francesi a giustificare una serie di poteri
regi come la promulgazione di leggi, in cui unico elemento di legittimità della
norma era la volontà stessa del legislatore (il testo di legge si concludeva con
la frase “perchè così a noi è piaciuto”), la nomina dei magistrati e la detenzione del potere di
decidere in grado d’appello sulle loro sentenze, la gestione del valore della
moneta, il plelievo di tasse, il potere di dichiarare guerra e concludere la
pace. Anche tale tipo di sovranità, tuttavia, è soggetta a limiti: il primo di ordine divino, il secondo è invece
rappresentato dalle “leggi fondamentali dello stato”. Comincia così a
strutturarsi l’idea che esistano leggi di livello differente dalle altre la cui
eliminazione determinerebbe la messa in crisi di tutto il sistema
costituzionale.
A cura di Chiara Casuccio
mercoledì 30 novembre 2016
Lezione del 29 novembre 2016
La riscoperta del mondo antico inteso
come passione per l’arte, la filosofia e la cultura del mondo greco e romano,
non fu l’unica novità, introdotta con l’umanesimo, a toccare il fenomeno
giuridico.
Esso fu soggetto a molti mutamenti,
strettamente legati ai fermenti politici e religiosi della nuova epoca moderna.
Il primo dei fenomeni storici che si
ripercosse sul diritto fu la crisi
profondissima dell’universalismo della Chiesa, sviluppatasi
progressivamente fin dal Trecento. A partire dal regno di Francia, in cui con
l’assemblea di Vincennes del 1329
nacque la Chiesa Gallicana, crebbe in Europa un movimento di nazionalizzazione
ed indipendenza delle Chiese regionali rispetto alla Sede Romana che prefigurò
la riforma del XVI secolo. Persino il cattolicissimo regno di Aragona non
rimase immune a questa nuova tendenza e le pressioni al papa per l’ottenimento
di un tribunale dell’Inquisizione parzialmente indipendente e nazionale si fecero
sempre più insistenti. La rottura di questo universalismo mise in crisi anche
molti concetti alla base dell’utrumque
ius.
Un secondo elemento di profondo
mutamento è rappresentato dalla stagione
delle scoperte geografiche, nel quale è anche possibile intravedere
l’ultimo tentativo di universalismo da parte della Chiesa che rivendicò le
proprie prerogative in ordine alla spartizione delle Americhe, sulla base
dell’antico falso della donazione costantiniana. Le spinte espansionistiche nel
nuovo mondo, inoltre, provennero dai due regni cattolici per eccellenza: la
Spagna ed il Portogallo; l’allargamento dei confini nazionali fu, perciò,
strettamente collegato alla missione di espansione della cristianità.
L’esplorazione ed il colonialismo iberici, infatti, furono volti alla conquista
dei nuovi popoli e terre; essi si differenziarono profondamente da quelli di
matrice commerciale attuati successivamente da Inghilterra ed Olanda.
L’allargamento del panorama geografico, tuttavia, portò con sé anche
problematiche di carattere giuridico, legate soprattutto alla questione della
sovranità al di fuori dei propri confini ed ai diritti delle popolazioni
conquistate.
I mutamenti dell’era moderna, inoltre,
furono anche la conseguenza di alcune importanti trasformazioni tecnologiche,
come l’invenzione della polvere da sparo
che permise l’evoluzione delle guerre e degli eserciti da locali a nazionali e
la stampa. Quest’ultima ebbe un
enorme impatto sul piano economico: con la stampa il bene libro divenne
disponibile per un mercato molto più ampio, contribuendo ad un ampliamento
della cultura grazie alla sua più facile divulgazione.
In quest’ epoca mutarono anche la mentalità e la metodologia scientifiche
prima improntate ad una visione dogmatica del mondo. Con l’avvento
dell’umanesimo fu forte il bisogno di eliminazione del diaframma rappresentato
dalla dottrina per descrizione del mondo e dei fenomeni in esso compresi; tale
descrizione, infatti, divenne infatti analitica e rispondente all’osservazione
della realtà naturale. Anche questo cambio di mentalità incise sul diritto:
-
Si cominciò a concepire la realtà in eterno divenire:
essa, pertanto, avrebbe potuto non essere qualificata giuridicamente dalle
leggi già vigenti, necessitando di nuovi interventi che la regolassero.
-
Anche nel diritto si affermò l’idea di descrizione
analitica degli istituti, preludio di una nuova mentalità non più rispondente
ai principi della conoscenza mediante la dialettica ma di tipo sistematico.
Il germe della Riforma protestante del XVI secolo, che portò al più grande
mutamento degli assetti istituzionali sia religiosi che politici europei, si
instaurò circa un secolo prima. Oltre ai movimenti per la nazionalizzazione
delle chiese regionali, al crescente fastidio per i sistemi di controllo dei
beni da parte della Chiesa (v. ad esempio il sistema
di dispense e di controllo delle indulgenze da parte della cancelleria
papale) si aggiunse una
trasformazione della sensibilità religiosa che non di rado sfociò in
irrequietezze dottrinali e i contrasti teologici asperrimi (un esempio fra
tutti, la predicazione e la repressione di G.
Savonarola sotto la signoria di Lorenzo il Magnifico). Queste agitazioni esprimevano il più
delle volte una crescente intolleranza nei confronti dell’autorità del clero
all’interno della società. La passione rinascimentale per l’antico sul piano
religioso si tradusse in una nostalgia per il cristianesimo delle origini. Le
numerose testimonianze della letteratura cristiana antica, infatti,
denunciavano un grandissimo divario tra la chiesa evangelica dei primi secoli
dopo Cristo, molto vicina alla sua predicazione, e l’assetto fortemente
strutturato e gerarchizzato della Chiesa del ‘500, protesa a conservare il
controllo economico e giurisdizionale dei propri poteri. Furono queste le
ragioni che spinsero Lutero a proporre, anche violentemente, la propria dottrina cd della giustificazione per fede basata su di una nuova visione della
salvezza che si incentrava sul rapporto diretto tra il fedele e la divinità
senza la necessaria intermediazione del clero corrotto.
Anche la Riforma ebbe conseguenze molto
importanti per il diritto. Il movimento di autonomizzazione delle chiese si
acuì e le chiese riformate si spogliarono di molte funzioni che in precedenza
erano state appannaggio esclusivo della sfera ecclesiastica. Questo comportò un
incremento ed una “secolarizzazione” della regolazione, anche minuziosa, della
vita quotidiana dei cittadini-fedeli. Le autorità laiche si impossessarono
delle funzioni “abbandonate” dalle chiese, determinando l’eliminazione delle
“due sfere” che aveva caratterizzato tutto il medioevo.
I movimenti di riforma diffusi in tutta
Europa contribuirono, grazie alle migrazioni per motivi religiosi, alla
mescolanza della cultura europea. La predicazione calviniana, ad esempio,
esercitò la propria influenza anche in contesti rimasti formalmente cattolici,
come la Francia e l’Italia.
Alla fine del XVI secolo il volto
dell’Europa e del mondo intero erano cambiati.
A cura di Chiara Casuccio
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martedì 29 novembre 2016
Valutazioni della Quarta domanda
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