venerdì 13 luglio 2007

Dominio diviso

Bene, vedo che nessuno ha voluto rispondere al mio appello di collaborazione. Allora risponderò io alla domanda sul dominio diviso.
Cortese ne parla con una concisione e una precisione ammirevoli: ma un discorso breve e preciso può essere duro da capire, perché dietro ogni parola c'è un contenuto molto ampio e complesso.
Dividiamo i problemi.
In primo luogo c'è quello dell'ambiente culturale e socio-economico nel quale nasce una distinzione teorica. La società cittadina italiana del XII secolo è in forte ascesa economica, ma i beni sono vincolati ad un regime che privilegia la stabilità dei diritti sulle cose piuttosto che la loro commerciabilità. Sia il regime dei benefici feudali sia quello della proprietà ecclesiastica tendono a limitare il più possibile i trasferimenti, e si servono di concessioni a lungo termine per consentire lo sfruttamento delle terre. Queste concessioni configurano un potere limitato del concessionario, che non può definirsi "proprietario" della terra che ha ricevuto in feudo, in precaria, in livello o con altri contratti analoghi ad efficacia reale.
Il ceto dei concessionari premeva da molti decenni per ampliare i propri diritti, ed era riuscito ad ottenere da Corrado II, nel 1037, il diritto di trasferire i beni di cui godeva agli eredi. Un secolo più tardi, a Milano, il giudice Oberto dell'Orto aveva messo per iscritto le consuetudini feudali della zona, per consolidare le regole di gestione di questi beni così importanti.
La cultura cittadina, intanto, si era evoluta grazie allo studio rinnovato del Corpus Iuris Civilis, e le scuole di diritto s'erano diffuse ovunque. Cortese le chiama "scuole minori" perché pensa a Bologna, che è maggiore; ma si deve tenere presente che moltissime città italiane ne ebbero al proprio interno, e che nel giro di pochi anni la maggior parte dei notai, dei consiglieri delle città, degli avvocati, degli amministratori e anche degli ecclesiastici furono formati in scuole che analizzavano il testo di Giustiniano.
Nella Modena che aveva voluto Pillio come professore, i due elementi della consuetudine feudale e della cultura scolastica entrarono in contatto diretto, perché Pillio compose un apparato di glosse e una summa dei Libri Feudorum di Oberto dell'Orto, quasi certamente perché si mise a fare delle lezioni su questo testo.
Nel testo di Oberto c'era un passaggio dovuto alla scarsa precisione terminologica del vecchio giudice milanese: si affermava che il vassallo che aveva avuto una cosa in beneficium poteva tutelare i propri diritti con la rei vindicatio, che era l'azione che il diritto romano attribuisce soltanto al proprietario "ex iure quiritium". Si trattava di una imprecisione, e Cortese osserva, per completezza, che in alcuni manoscritti gli scribi aggiungevano la parola "quasi", perché si sapeva che un concessionario a qualsiasi titolo non poteva affatto esperire una vera rei vindicatio.
Qui la glossa di Pillio mette in contatto la cultura formata sul testo di Giustiniano con l'imprecisa formulazione di Oberto, e interpreta il passaggio spiegando che ci sono altri casi in cui certe azioni sono estese a casi che all'inizio non erano previsti. L'esempio è quello della actio legis Aquiliae, che era riservata a chi aveva subito un danno fisico, materiale, ai propri beni. Siccome poteva avvenire un danneggiamento provocato senza violenza materiale, il pretore creò un'actio legis Aquiliae utilis, perché non gli sembrava giusto lasciare senza tutela processuale questi casi (Cortese, pag. 311).
Cosa fa Pillio? Prende questo esempio e dice: ci sono certe concessioni che sono così ampie, che sembra giusto offrire loro un'azione utile, ricorrendo a una finzione. Si finge che il vassallo sia un proprietario, in modo che quando che si veda portare via la cosa oggetto del beneficium possa agire con una azione efficace come la rei vindicatio.
Siccome il pensiero scolastico ragiona sempre per analogie e opposizioni, ecco trovare subito un caso analogo nelle norme romane: l'actio Publiciana, infatti, e concessa a quell'acquirente che non ha compiuto un trasferimento formale della proprietà, ma ha pagato il prezzo ed è in attesa che maturi il tempo dell'usucapione. Anche in questo caso si finge che sia già diventato proprietario per consentirgli di tutelare il suo diritto in tribunale.
Ma allora per i beni feudali ci sarebbero due proprietari della stessa cosa? Sì, ma il concedente, che ha una proprietà astratta e un'azione diretta, si chiama dominus directus, mentre il concessionario, che ha una proprietà economicamente più concreta e un'azione utile, si chiamerà dominus utilis.
Da questa origine processuale deriva un assetto sostanziale, che è molto importante perché segna la struttura dei diritti reali in Europa per molti secoli, fino alla Rivoluzione Francese e all'Ottocento.

domenica 8 luglio 2007

Scuola elegante e usus modernus

Il 28 giugno un anonimo ha chiesto chiarimenti sulla scuola elegante e sull'usus modernus, che segnano il passaggio dal giusnaturalismo all'illuminismo prima in Olanda e poi in Germania. Potreste dirmi se è una curiosità nata dal manuale oppure dalle lezioni? Il manuale non mi sembra fare uso netto di queste definizioni di scuole, che sono tradizionali nella storia del diritto, ma in effetti servono più a schematizzare che a capire.
Per dare un primo abbozzo di risposta, direi che i due movimenti sono segnati dalla tendenza - apparentemente contraddittoria - a ricostruire il diritto romano con grande competenza filologica, e a porre le basi di diritti nazionali che si regolano con istituti distinti da quelli romani. Tra Sei e Settecento giuristi olandesi e poi soprattutto tedeschi dedicano lavori molto vasti alla Storia del diritto germanico, e si può dire che essi gettino le lontane basi della scuola storica tedesca dell'Ottocento. In particolare per il diritto pubblico e per quello canonico protestante, la storia è premessa fondamentale per costruire un diritto nazionale. Si tratta - ovviamente - di storia medievale, perché è nel Medioevo che i popoli germanici fecero la loro comparsa in Europa e nella storia occidentale. Tacito e la sua Germania ne costituiscono lo sfondo lontano, testimone di consuetudini così antiche da essere connaturate all'essenza stessa di quei popoli.
Il risultato di tutto questo non è sempre del tutto convincente per noi, perché questo diritto "germanico" finisce per essere descritto sulla base della testimonianza di un romano del I secolo dopo Cristo che fu grandissimo storico dell'Impero. E perché le consuetudini "germaniche" furono razionalizzate seguendo il modello romano: diritti reali, obbligazioni, successioni, eccetera eccetera.

Domande sulle scuole minori e sul dominio diviso.

In un post del 30 giugno Silvia ha chiesto aiuto per capire il dominio diviso; ora Lucia si trova un po' smarrita per la parte in cui si parla delle scuole minori, che noi conosciamo solo attraverso le opere che sono arrivate fino a noi.
Prima di rispondere, vorrei che qualcuno di voi che ha preso dei buoni appunti trascriva sul blog le parti relative, e che altri provino a correggere e a integrare con gli appunti e con il manuale. Sarà un esercizio utile sia per chi scrive sia per chi legge.
Buon lavoro