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Ecco la domanda:
Quali rapporti ha il Decretum di Graziano con la dialettica medievale? Perché può essere definito un'opera fluida che è stata artificialmente trasformata in testo normativo stabile?
Chi risponde in modo almeno sufficiente a questa domanda non sarà interrogato, all'esame, sulla parte di programma che corrisponde alle pagine 274-343 del manuale di E. Cortese, Le grandi linee...
venerdì 17 novembre 2017
giovedì 16 novembre 2017
Il metodo dialettico (generalia, argumenta, categorie)
Due studenti o studentesse hanno lasiato commenti nei quali chiedono un chiarimento su alcuni termini dialettici. In particolare, uno (una) ha chiesto di capire meglio cosa siano gli argumenta e i generalia, e l'altra (altro) non ha capito l'esempio delle fictiones che ho proposto parlando della struttura del Libellus disputatorius di Pillio.
Anche degli argumenta e dei generalia ho parlato in relazione a Pillio, che abbiamo preso come esempio per avere un'idea di come funziona il ragionamento dialettico, che è quello entro cui si forma la scienza giuridica medievale. In effetti il genere dei brocarda, di cui l'pera di Pillio è l'esempio più importante, assume anche il nome di generalia, perché tende a trovare delle proposizioni generali (cioè delle regulae) che possano ricomprendere in un solo concetto il senso di proposizioni normative che sembrano a prima vista contraddittorie. Perciò i brocarda allineano norme che dettano discipline apparentemente contraddittorie. Ad esempio: una donna non può essere procuratrice in tribunale. Ma una donna può patrocinare per gli interessi dei propri congiunti o delle persone miserabili. Le leggi che si contraddicono sonoargumenta in favore della prima o della seconda tesi. La propositio generalis (o semplicemente "generale") è quella che giustifica la regola e chiarisce perché vi possono essere eccezioni. In questo caso: una donna avvocata può dare scandalo, ma il diritto alla difesa prevale sull'opportunità cha l'avvocato sia maschio, e perciò la proibizione non è assoluta.
Nel Libellus Pillio allinea argumenta sottolineando le analogie fra i procedimenti logici adottati da diverse norme del Corpus Iuris. Comincia dalle presunzioni, per far eserciatre gli studenti su tutti i casi in cui una norma consente di presumere un fatto che non è provato. Ad esempio che chi possiede una cosa si presume che ne sia il proprietario. Oppure che se uno riceve una somma di denaro ogni mese si presume che abbia stipulato un contratto di locazione o un simile contratto. Poi passa a tutti i casi in cui si finge che sia accaduta una cosa che non è accaduta: che sia già nato uno che non lo è, che uno che torna dopo essere stato catturato dei nemici non sia mai partito, che un contratto stipulato da un minorenne non sia stato mai fatto, e così via. In questo modo sotto la proposizione generale (tipo: "Vivus fingitur mortuus") si allineano tutti i brani che poi si potranno usare come argumenta quando si porrà un caso analogo.
Anche degli argumenta e dei generalia ho parlato in relazione a Pillio, che abbiamo preso come esempio per avere un'idea di come funziona il ragionamento dialettico, che è quello entro cui si forma la scienza giuridica medievale. In effetti il genere dei brocarda, di cui l'pera di Pillio è l'esempio più importante, assume anche il nome di generalia, perché tende a trovare delle proposizioni generali (cioè delle regulae) che possano ricomprendere in un solo concetto il senso di proposizioni normative che sembrano a prima vista contraddittorie. Perciò i brocarda allineano norme che dettano discipline apparentemente contraddittorie. Ad esempio: una donna non può essere procuratrice in tribunale. Ma una donna può patrocinare per gli interessi dei propri congiunti o delle persone miserabili. Le leggi che si contraddicono sonoargumenta in favore della prima o della seconda tesi. La propositio generalis (o semplicemente "generale") è quella che giustifica la regola e chiarisce perché vi possono essere eccezioni. In questo caso: una donna avvocata può dare scandalo, ma il diritto alla difesa prevale sull'opportunità cha l'avvocato sia maschio, e perciò la proibizione non è assoluta.
Nel Libellus Pillio allinea argumenta sottolineando le analogie fra i procedimenti logici adottati da diverse norme del Corpus Iuris. Comincia dalle presunzioni, per far eserciatre gli studenti su tutti i casi in cui una norma consente di presumere un fatto che non è provato. Ad esempio che chi possiede una cosa si presume che ne sia il proprietario. Oppure che se uno riceve una somma di denaro ogni mese si presume che abbia stipulato un contratto di locazione o un simile contratto. Poi passa a tutti i casi in cui si finge che sia accaduta una cosa che non è accaduta: che sia già nato uno che non lo è, che uno che torna dopo essere stato catturato dei nemici non sia mai partito, che un contratto stipulato da un minorenne non sia stato mai fatto, e così via. In questo modo sotto la proposizione generale (tipo: "Vivus fingitur mortuus") si allineano tutti i brani che poi si potranno usare come argumenta quando si porrà un caso analogo.
Lezione del 15 novembre 2017
Martin Lutero (1517) critica aspramente la Chiesa di Roma dal momento che i papi
avrebbero tradito lo spirito originario del cattolicesimo il quale non
implicava un atteggiamento giuridico in quanto il papa avrebbe dovuto parlare
attraverso lo spirito e non per mezzo delle leggi. La critica luterana nei
confronti della chiesa si concentra soprattutto attorno al forte formalismo che
aveva avuto inizio con la riforma gregoriana.
Con la nascita ed il diffondersi della
scientia juris di matrice laica il clero era stato, in un certo senso,
oscurato dal rafforzarsi di una mentalità giuridica
che permetteva alle comunità di imporre delle norme. La Chiesa, che
era ancora legata a principi vecchi, si trova nella situazione di dover prendere un’iniziativa.
Per tale ragione sceglie di abbracciare la mentalità
giuridica
e creare così
un
diritto canonico. La normatività del diritto che impone e dispone
procedure, riconosce diritti e propone il processo porta la società
spirituale
ad aprirsi al mondo del diritto. Questa svolta è
uno
dei principali punti della critica luterana che sarà
poi
ripresa nell’Ottocento
da Rudolf Sohm il quale affermerà che
strutturalmente nella comunità dei fedeli il diritto non può
esistere
in quanto tale poiché la chiesa è
una
comunità
carismatica
che non può
fondarsi
sulla norma cogente e di conseguenza il diritto canonico non sarebbe altro che
una sovrastruttura.
Tradizionalmente si dedica poco spazio
al diritto canonico come momento della formazione del diritto moderno. In realtà
studiare
il diritto della Chiesa (che non attiene allo spirituale) è
fondamentale
per comprendere molte logiche ed istituti attuali.
La scuola giuridica canonistica nasce
con il Decretum di Graziano, opera che diviene la base di questa scuola.
Anche questa scuola nasce a Bologna ed ha una storia non troppo diversa da
quella laica. Basato sulla dialettica tipica del metodo scolastico, il Decretum
ha una struttura non troppo diversa da quella che abbiamo osservato nel libellus
disputatorius di Pillio. Con la differenza che i brani normativi da
coordinare e conciliare fra loro non sono citati in forma abbreviata, ma per
esteso. Questo era inevitabile, dal momento che non esisteva una raccolta
standard delle fonti del diritto canonico (le fonti della chiesa sono le
decretali papali, i canoni dei concili e poi ovviamente i passi delle sacre
scritture e dei padri della chiesa) ordinate e promulgate, come è il
caso del
Corpus di Giustiniano, e quindi
Graziano, per fare questa compilazione, deve scrivere per esteso i brani di cui
tratta. Il Decretum, noto anche come concordia discordantium canonum,
ha l’obiettivo
di armonizzare le tante norme tra loro discordanti. Il metodo utilizzato è
simile
a quello usato da Pillio. Graziano scrive tre diverse versioni del Decretum.
La prima di queste del 1135 era più piccola
delle successive; nel 1140 redige la versione che si colloca a fondamento della
nascita degli studi di diritto canonico ed infine la terza versione è
del
1150, con l’integrazione
nel testo di una serie di aggiunte di un allievo di Graziano: Paucapaulea.
Queste aggiunte contengono spesso passi del diritto romano, che era stato
sempre usato dalla Chiesa, ma che Graziano fino al 1140 aveva inserito in
misura molto ridotta. Occorre sottolineare come in quindici anni si susseguano
tre diverse versioni del Decretum che, dunque, per sua natura sarebbe
stato un testo fluido e mutevole. Esso fu stabilizzato un po’ artificialmente per trasformarlo in
una compilazione normativa “chiusa” come erano le parti del Corpus Iuris
Civilis. Solo un testo stabile, infatti, consentiva il lavoro della scienza
giuridica, fatto di citazioni di brani paralleli o contrastanti e di
elaborazione di proposizioni generali capaci di distillare la ratio del complesso normativo. Però il Decretum rimane un testo abbastanza variabile nelle scuole nel Nord
d’Europa, dove subisce ancora
abbreviazioni per tutto il XII secolo (un po’
come avvenne per il Codice di Giustiniano abbreviato da Vacario nel Liber Pauperum).
E’ possibile
individuare il punto di svolta della Chiesa nei confronti del diritto proprio
nel sorgere e diffondersi del Decretum tanto come testo normativo quanto
come oggetto dello studio. Nascono, infatti, molte scuole di diritto canonico
(a Bologna la prima) frequentate da chierici che intendono diventare esperti di
diritto. Anche di questa scuola ciò che
si conosce è
dovuto
alle opere che vengono prodotte, che sono analoghe a quelle di diritto civile
(apparati di glosse e Summae). Aspetti fondamentali delle scuole di
diritto canonico che le rendono differenti dalla coeva esperienza civilistica
sono innanzitutto la grande diffusione in nord europa (Normandia, Germania,
Inghilterra) ed il fatto che, ben presto, una buona formazione giuridica divine
condizione essenziale per la fare
carriera in àmbito
ecclesiastico(molti sono gli esempi di vescovi e papi giuristi). Lo studio del
diritto civile è comunque ritenuto importante anche dai
canonisti perché la mentalità
giuridica
è
comune.
Uno degli effetti principali fu il
crescente atteggiamento legalistico dei papi: essi iniziano a legiferare
promulgando sempre più lettere decretali che contengono
sempre più
dei
principi generali. Questa è una delle differenze più
rilevanti
con la scuola di diritto civile: il CJC è un
apparato antico che proclama la sua completezza e tollera male le integrazioni,
mentre la Chiesa continua a legiferare in maniera costante. Nel diritto
canonico il legislatore è vivo ed è
il
papa, mentre al contrario i legisti sono molto ostili al legislatore vivente
(p.e. nei cfr di Barbarossa). Dal momento in cui il Decretum diviene la
base dell’insegnamento
iniziano a proliferare le decretali strutturate sempre più
giuridicamente
poiché
dettano
regole molto più tecniche rispetto al diritto canonico
precedente. Nel 1190 ca vede la luce la summa al Decreto di graziano di
Uguccio (o Uguccione) da Pisa uno dei principali maestri della scuola di
Bologna e poi vescovo di Ferrara. Questa Summa (molto lunga e trasmessa
solo per via manoscritta) è importante dal momento che ricorre
costantemente alle logiche romane nello studio del Decretum. Per esempio
per elaborare un criterio generale valido a indicare quali siano i casi di
impedimento dell’ordinazione Uguccio adegua il diritto
romano affermando che il soggetto, per essere idoneo a ricevere il sacramento,
non deve essere oggetto del diritto di terzi sul proprio corpo (come per
esempio nel caso dell’uomo sposato che è
oggetto
del debito coniugale). Uguccio, quindi, estende il concetto di servitù
all’uomo
sposato che non può essere ordinato perché
sul
suo corpo grava tale diritto e non sarebbe libero di seguire gli obblighi
derivanti dell’ordinazione.
Stesso discorso per il servo della gleba perché
è
asservito
a un padrone che ha un diritto sulla sua persona.
Il secondo evento fondamentale per la
storia del diritto canonico è rappresentato dalla redazione della
prima raccolta di decretali promulgate dai papi negli anni che separano il
Decreto di Graziano e il 1191 anno della Compilatio prima di
Bernardo da Pavia. Bernardo propone la raccolta delle decretali che non erano
incluse nel Decretum e che per questo si chiamano extravagantes divisa
in cinque libri. Questa è una suddivisione tematica fondamentale
che creerà
una
nuovo criterio sistematico ad imitazione di quello civile: i cinque libri sono iudex, iudicium, clerus, connubia et crimen. La collezione viene copiata ed inizia ad
avere una grande diffusione nonostante non sia stata promulgata in quanto
raccolta ma rimanga una raccolta privata. Qualche anno dopo verrà
promulgata
la prima raccolta ufficiale ad opera di papa Innocenzo III: la tertia compilatio
antiqua. Questa promulgazione è una
tappa fondamentale per due ragioni: innanzitutto nel 1209 promulga una raccolta
di sue decretali e le fa inviare ai maestri e allievi di Bologna perché
la
studino e la corredino di glosse. Quindi il legislatore disegna il modello dell’ordinamento
e tiene in considerazione la scuola come protagonista di questo fenomeno.
Inoltre il testo legislativo diventa veramente vigente quando alla forza del
legislatore si aggiunge il lavoro della scientia iuris che ha una
funzione para-legislativa.
mercoledì 15 novembre 2017
Lezione 14 novembre 2017
Vi sono alcune questioni di carattere “istituzionale”
fondamentali
per comprendere appieno la dialettica che intercorre tra lo studio bolognese e
le scuole minori. Bologna è, infatti, il primo centro di
insegnamento che assume le vesti di università
e
già
nella
seconda metà
del
XII secolo mostra di avere una struttura organizzativa fortemente consolidata.
Per esempio, la preminenza del sistema della lectura e di un
insegnamento basato sul sistema della glossa rende possibile il fiorire di
una straordinaria manifattura libraria esperta nella produzione del CJC
corredato dall’apparato
di glosse. L’importanza
di Bologna, dunque, non si limita solo al piano intellettuale ma invade anche
quello “industriale”
rendendo
il territorio bolognese ricco e fiorente. Inoltre, la struttura del corso di
laurea (della durata di dieci anni) era finalizzato anche all’attribuzione
di veri e propri gradi accademici (p.e. la laurea attribuiva in automatico licentia
docendi).
Tale fioritura della scientia juris
in ambiti squisitamente laici rappresenta una sorta di “effetto
non voluto”
della
riforma gregoriana la quale per mezzo della riscoperta del diritto romano e di
un suo uso strumentale intendeva tendeva ad una valorizzazione del clero
rispetto al mondo laico. In relatà si
assiste ad un allontanamento dalla tradizionale logica religiosa tramite la
ricerca delle risposte nell’autorevolezza del diritto.
In questo contesto storico-sociale
dove il giurista si trova al centro di un fenomeno di rinnovamento tanto
culturale quanto giuridico troviamo la figura di Pillio da Medicina un giurista
che può
essere
considerato la personalità più rappresentativa
del scienza del diritto di questo periodo. Laureatosi a Bologna, probabilmente
allievo di Piacentino, inizia la sua carriera di insegnamento a Bologna per
trasferirsi, però, dopo poco a Modena. Egli stesso
racconta di essere stato chiamato dalla città di
Modena affinché
insegnasse
nello studio locale. L’università
di
Bologna aveva nei confronti di tutti i suoi maestri una sorta di diritto di
esclusiva per i primi tre anni di docenza che impediva ai maestri di potersi
trasferire in altri centri ad insegnare. Nonostante questa clausola, la città
di
Modena, pur di avere presso di sé un
giurista del calibro Pillio lo esonera dall’insegnamento sino al compimento dei
tre anni di esclusiva.
In questi tre anni, dunque, Pillio si
dedica totalmente alla produzione scientifica scrivendo alcune importanti
opere. Innanzitutto il libellus disputatorius che nasce,
originariamente, solo per i pratici ma di cui in seguito Pillio pubblica nuova
edizione finalizzata all’insegnamento. La metodologia promossa
da Pillio renderebbe possibile accorciare la durata degli studi da dieci a soli
quattro anni. Per Pillio, infatti, è importante
la capacità
estrapolare
dai testi la definizione di una regola generale. Questo metodo nuovo prevede l’uso
dei cc.dd. Brocarda chiamati più propriamente
generalia. (vd. presunzione - finzioni).
La seconda opera è
una
raccolta di Quaestiones che si sostanziano nell’esposizione
da parte del maestro un caso pratico (reale o fittizio) utile per far
esercitare gli studenti, divisi in due gruppi, nel ragionamento tramite
argomentazioni a difesa o dell’attore o del convenuto. Tali
esercitazioni si concludevano con l’esposizione della solutio. Il
principio di insegnamento è il medesimo dei brocarda,
La terza opera è
un’opera
incompiuta ed è
una
summa ai tres libri del codice (libri X-XII) che trattano di diritto
pubblico e di diritto amministrativo e fiscale.
L’opera più
nota
ed importante di Pillio è la Lectura ai libri feudorum.
Questa lectura è importante perché
riesce
a dare autorità
normativa
ad un testo che normativo non era. Il nucleo principale dei libri feudorum
era composto da due lettere scritte da Oberto dell’Orto
(giudice a Milano) al figlio Anselmo che studiava a Bologna al fine di
spiegargli le consuetudini feudali vigenti. Oltre all’operetta
di Oberto, i libri feudorum contengono alcune costituzioni imperiali in
materia di feudo (p.e. l’edictum de beneficiis).
La novità
introdotta
da Pillio è
quella
di aver fatto una lectura ad un
testo non normativo che non solo ebbe un enorme successo tanto che qualche anno
dopo tale insegnamento fu accolto a Bologna, ma al punto che Accursio deciderà
di
includere nella sua edizione del CJC anche i libri feudorum corredatati
dalla glossa di Pillio.
La questione più
importante
trattata da Pillio in questa lectura attiene ai diritti reali sul
beneficio. In quest’ottica Pillio elabora una definizione
generale del rapporto che intercorre sia tra il signore e il beneficio concesso
sia tra vassallo e beneficio. Partendo da un passo delle lettere obertine nel
quale il giudice afferma che tra i diritti che il vassallo acquisisce sul
beneficio vi sarebbe anche l’esperibilità
della
vindicatio, Pillio afferma che se il vassallo allo può
agire
esperendo una rei vindicatio, allora vuol dire che il vassallo è
titolare
di un diritto che secondo il diritto romano legittima tale azione. Dal momento
che la rei vindicatio è
l’azione
che spetta al proprietario ciò significa che il vassallo è,
al pari del signore, titolare del dominio. Pillio, dunque, afferma che con la
concessione del beneficio si trasferisce anche il dominio ma solo il dominio
utile che è tutelato dall’actio
utilis (che spetta al concessionario), mentre al concedente
rimane il dominio diretto a cui spetta l’azione
diretta. Questa è
un’invenzione
tecnica di grande successo che, però, non può
essere
pienamente compresa da un punto di vista storico, se non collegata al contesto
modenese. Nel 1182 Modena promulga uno statuto con cui prevede una disciplina
che favorisce profondamente i concessionari a titolo di feudo, enfiteusi o
livello. Con queste norme, per esempio, viene statuito che nel caso in cui un
soggetto riceva un bene a titolo di feudo e questi rimanga senza eredi maschi
il beneficio (che in teoria sarebbe dovuto tornare al concedente) è
trasmissibile
anche dalle figlie femmine. Questo statuto determina una posizione del
concessionario equivalente a quella del proprietario non casualmente ma perché
Modena
è
costruita
interamente su terreni di proprietà del
vescovo il quale li aveva dati in concessione ai ricchi abitanti di Modena che,
tra le altre cose, erano gli stessi soggetti che tanto avevano voluto Pillio
nel loro studium e che pagavano
il suo stipendio. E’ chiaro, quindi, che la città
di
Modena aveva bisogno di un giurista come Pillio che tramite elaborate teorie
tutelasse, in pratica, gli interessi della società
cittadina.
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