Parallelamente allo sviluppo della scuola civilistica, tra la metà del XII
secolo e la metà del XIII si assiste allo stabilirsi della scuola del diritto
canonico: la Chiesa, gradualmente, tende ad adottare la stessa mentalità
giuridica delle scuole laiche. È durante questo lasso di tempo che si assiste
alla definitiva separazione tra diritto canonico (le regole propriamente giuridiche) e la teologia (i principi della morale).
Questa scelta della Chiesa per il ragionamento giuridico si traduce ben
presto in un’esegesi sul testo del
tutto analoga a quella che ormai si era consolidata in materia civilistica sul
Corpus Juris, Il testo in questione è, invece, il Decretum Gratianii. Per molto tempo lo stato delle ricerche su
quest’opera ha condotto gli storici del diritto, tra cui Ennio Cortese, a
ritenere che il decreto fu pubblicato nella sua forma più o meno definitiva nel
1140, integrato poi con frammenti di diritto romano fino al 1150 circa. In
realta, già prima della versione definitiva vi furono alcune versioni
“preliminari” sintomo della concezione del testo che aveva Graziano: una
visione del tutto analoga a quelle dei compilatori di epoca gregoriana. Allora
fu proprio questa la prima grande differenza rispetto alla scuola civilistica
improntata allo studio di un testo completo e definitivo: la progressività di un volume che rimane
aperto per consentire l’introduzione al suo interno di ciò che è utile. In particolare il Decreto
rappresenta un’imponente raccolta di norme canoniche, canoni conciliari, lettere
decretali e, come già detto, alcuni stralci di diritto romano ritenuti
confacenti alle finalità della Chiesa.
Tale raccolta, tuttavia, è un’opera molto diversa dalla codificazione in
senso stretto. Si tratta, piuttosto di una trattazione
dialettica di problemi di diritto canonico: la creazione della regola generale avviene mediante
l’enucleazione di “distinctiones”; è l’opposizione delle norme che crea la
conoscenza. Il Decreto, infatti, consta di due parti principali (più una terza,
che ne riprende la struttura). La prima è un elenco di distinctiones a cui l’autore aggiunge un suo “dictum” a spiegazione e
coordinamento delle regole. Nella seconda parte, invece, Graziano riporta una
serie di causae, discussioni di casi condotte sulla falsariga del genere
delle quaestiones.
Fu proprio su questo testo e grazie ad un corso di studi di diritto
canonico su di esso che emulava le procedure della scuola civilistica, che la
Chiesa, importando la logica del diritto all’interno della propria regolazione,
portò a compimento definitivo quel passaggio dalla teologia al diritto canonico
vero e proprio cominciato con la riforma gregoriana. In particolare, colui al
quale si attribuisce il merito di applicare il metodo romanistico alle fonti di
diritto canonico consolidatesi in Graziano canonista è Uguccio (1185-1190 ca.). Egli compose anche la più grande Summa al Decreto, sviluppandone le tematiche ed individuando le rationes delle norme.
La scelta per il diritto da parte della Chiesa indusse anche ad una
correlativa scelta per la legislazione
che, a differenza del mondo laico, è emanata dal legislatore supremo, il papa:
si intensificò il numero di decretali che assunsero una forma propriamente
normativa, ossia, pur riferendosi a casi concreti a cui dovevano dare
soluzione, enunciavano principi caratterizzati da generalità ed astrattezza.
Tali decretali, definite “extravagantes”
in quanto esulanti dal Decretum, vennero raccolte in varie compilazioni che si
proponevano come oggetto di studio delle scuole di diritto canonico. Le più
importanti sono quelle che prendono il nome di “Cinque compilazioni antiche” composte tra il 1191 (Bernardo da
Pavia) e 1234. Esse
hanno tutte la stessa caratteristica di essere divise in cinque libri: iudex, iudicium, clerus, connubia, crimen.
Particolare menzione merita la terza, composta nel 1209 per volontà di Innocenzo
III che la promulgò ufficialmente inviandola all’università di Bologna affinchè
fosse studiata. Questo ritorno inaspettato alla promulgazione in Occidente va
posto in correlazione con il contesto storico ed in particolare con la
momentanea concentrazione di ogni potere nelle mani del papa, tutore del
piccolo Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia.
D’altro canto, le modalità di questa promulgazione denunciano la
consapevolezza, da parte di papa Innocenzo III che il suo ordinamento di norme
non sarebbe mai stato veramente vigente finchè non fosse passato per
l’università che lo avrebbe portato a completezza coordinando le norme in esso
presenti e corredandolo di glosse.
Nell’ottica della menzionata “scelta per il diritto” da parte della Chiesa
merita un cenno anche il Concilio
Laterano IV del 1215 nel quale si affermarono una serie di principi che si
rivelarono fondamentali per lo sviluppo de diritto in generale, non solo
canonico. A titolo di esempio ricordiamo il definitivo rifiuto del processo
ordalico.
L’acme della fase di giuridicizzazione della Chiesa viene raggiunto con la
quinta compilazione antica del 1234, voluta da papa Gregorio IX e composta da Raimondo di Peñafort. L’opera
racchiude e coordina tutte le compilazioni precedenti e viene conosciuta come Liber Extravagatium, o Liber Extra. Anch’essa fu inviata
all’università e fu ben presto corredata da una glossa “ordinaria” nella stessa
epoca in cui si andava consolidando, ad opera di Accursio la glossa ordinaria
al Corpus Juris Civilis.
Il diritto canonico era diventato, così, un sistema giuridico con i suoi
grandi interpreti (tra i decretisti di spicco possiamo richiamare Sinibaldo
Fieschi poi papa Innocenzo
IV
e Enrico da Susa cardinale Ostiense). Esso era un sistema che si coordinava con l’altro
grande sistema del diritto romano andando a formare l’utrumque ius : la società era regolata contemporaneamente, ed a
seconda delle materie, da due ordinamenti giuridici diversi. Le materie in cui
vi fosse stato il pericolo del peccato vennero strappate al diritto civile e
regolate dal diritto canonico.
A cura di Chiara Casuccio