venerdì 18 novembre 2016

Lezione del 16 novembre 2016

Parallelamente allo sviluppo della scuola civilistica, tra la metà del XII secolo e la metà del XIII si assiste allo stabilirsi della scuola del diritto canonico: la Chiesa, gradualmente, tende ad adottare la stessa mentalità giuridica delle scuole laiche. È durante questo lasso di tempo che si assiste alla definitiva separazione tra diritto canonico (le regole propriamente giuridiche) e la teologia (i principi della morale).
Questa scelta della Chiesa per il ragionamento giuridico si traduce ben presto in un’esegesi sul testo del tutto analoga a quella che ormai si era consolidata in materia civilistica sul Corpus Juris, Il testo in questione è, invece, il Decretum Gratianii. Per molto tempo lo stato delle ricerche su quest’opera ha condotto gli storici del diritto, tra cui Ennio Cortese, a ritenere che il decreto fu pubblicato nella sua forma più o meno definitiva nel 1140, integrato poi con frammenti di diritto romano fino al 1150 circa. In realta, già prima della versione definitiva vi furono alcune versioni “preliminari” sintomo della concezione del testo che aveva Graziano: una visione del tutto analoga a quelle dei compilatori di epoca gregoriana. Allora fu proprio questa la prima grande differenza rispetto alla scuola civilistica improntata allo studio di un testo completo e definitivo: la progressività di un volume che rimane aperto per consentire l’introduzione al suo interno di ciò che è utile. In particolare il Decreto rappresenta un’imponente raccolta di norme canoniche, canoni conciliari, lettere decretali e, come già detto, alcuni stralci di diritto romano ritenuti confacenti alle finalità della Chiesa.
Tale raccolta, tuttavia, è un’opera molto diversa dalla codificazione in senso stretto. Si tratta, piuttosto di una trattazione dialettica di problemi di diritto canonico: la creazione della regola generale avviene mediante l’enucleazione di “distinctiones”; è l’opposizione delle norme che crea la conoscenza. Il Decreto, infatti, consta di due parti principali (più una terza, che ne riprende la struttura). La prima è un elenco di distinctiones a cui l’autore aggiunge un suo “dictum” a spiegazione e coordinamento delle regole. Nella seconda parte, invece, Graziano riporta una serie di causae, discussioni di casi condotte sulla falsariga del genere delle quaestiones.
Fu proprio su questo testo e grazie ad un corso di studi di diritto canonico su di esso che emulava le procedure della scuola civilistica, che la Chiesa, importando la logica del diritto all’interno della propria regolazione, portò a compimento definitivo quel passaggio dalla teologia al diritto canonico vero e proprio cominciato con la riforma gregoriana. In particolare, colui al quale si attribuisce il merito di applicare il metodo romanistico alle fonti di diritto canonico consolidatesi in Graziano canonista è Uguccio (1185-1190 ca.). Egli compose anche la più grande Summa al Decreto, sviluppandone le tematiche ed individuando le rationes delle norme.
La scelta per il diritto da parte della Chiesa indusse anche ad una correlativa scelta per la legislazione che, a differenza del mondo laico, è emanata dal legislatore supremo, il papa: si intensificò il numero di decretali che assunsero una forma propriamente normativa, ossia, pur riferendosi a casi concreti a cui dovevano dare soluzione, enunciavano principi caratterizzati da generalità ed astrattezza. Tali decretali, definite “extravagantes” in quanto esulanti dal Decretum, vennero raccolte in varie compilazioni che si proponevano come oggetto di studio delle scuole di diritto canonico. Le più importanti sono quelle che prendono il nome di “Cinque compilazioni antiche” composte tra il 1191 (Bernardo da Pavia) e 1234. Esse hanno tutte la stessa caratteristica di essere divise in cinque libri: iudex, iudicium, clerus, connubia, crimen. Particolare menzione merita la terza, composta nel 1209 per volontà di Innocenzo III che la promulgò ufficialmente inviandola all’università di Bologna affinchè fosse studiata. Questo ritorno inaspettato alla promulgazione in Occidente va posto in correlazione con il contesto storico ed in particolare con la momentanea concentrazione di ogni potere nelle mani del papa, tutore del piccolo Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia. D’altro canto, le modalità di questa promulgazione denunciano la consapevolezza, da parte di papa Innocenzo III che il suo ordinamento di norme non sarebbe mai stato veramente vigente finchè non fosse passato per l’università che lo avrebbe portato a completezza coordinando le norme in esso presenti e corredandolo di glosse.
Nell’ottica della menzionata “scelta per il diritto” da parte della Chiesa merita un cenno anche il Concilio Laterano IV del 1215 nel quale si affermarono una serie di principi che si rivelarono fondamentali per lo sviluppo de diritto in generale, non solo canonico. A titolo di esempio ricordiamo il definitivo rifiuto del processo ordalico.
L’acme della fase di giuridicizzazione della Chiesa viene raggiunto con la quinta compilazione antica del 1234, voluta da papa Gregorio IX e composta da Raimondo di Peñafort. L’opera racchiude e coordina tutte le compilazioni precedenti e viene conosciuta come Liber Extravagatium, o Liber Extra. Anch’essa fu inviata all’università e fu ben presto corredata da una glossa “ordinaria” nella stessa epoca in cui si andava consolidando, ad opera di Accursio la glossa ordinaria al Corpus Juris Civilis.

Il diritto canonico era diventato, così, un sistema giuridico con i suoi grandi interpreti (tra i decretisti di spicco possiamo richiamare Sinibaldo Fieschi poi papa Innocenzo IV e Enrico da Susa cardinale Ostiense). Esso era un sistema che si coordinava con l’altro grande sistema del diritto romano andando a formare l’utrumque ius : la società era regolata contemporaneamente, ed a seconda delle materie, da due ordinamenti giuridici diversi. Le materie in cui vi fosse stato il pericolo del peccato vennero strappate al diritto civile e regolate dal diritto canonico.
A cura di Chiara Casuccio

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