giovedì 10 novembre 2016

Quarta domanda

La risposta deve essere inviata entro le 14,30 (meglio qualche minuto prima) all'indirizzo
Ricordate di indicare nome, cognome e numero di matricola nella mail di risposta.

Le due figure di Pepo e Irnerio (entrambe tra storia e leggenda) simboleggiano due diversi approcci al diritto romano. Senza pretese di completezza, descrivete alcuni aspetti che ritenete caratterizzanti del primo e del secondo approccio.

Lezione del 9 novembre 2016

I testi del Corpus Juris Civilis, nonostante siano investiti da una “patina di cristianizzazione”, sono testi di autori pagani. In essi la visione del mondo risulta essere molto diversa dalla mentalità cristiana fondata sulla regolazione carismatica della società.
Già i primi glossatori traggono da questi testi un’immagine peculiare del diritto. Lo vedono come un sistema di norme a cerchi concentrici:
-       Ius naturale: rappresenta quel complesso di situazioni costituenti quella che, in generale, può essere definita la mutevolezza del mondo, che sono portatrici di una giustizia naturale, in attesa di essere resa esplicita dalle regole umane.
-       Ius gentium: è il diritto delle genti, che rispecchia l’equilibrio che risiede nella natura qualificandolo come questo o quell’istituto giuridico. Perciò istituisce principi comuni a popoli che vivono in diversi regimi politici.
-       Ius civile: la civitas, che costituisce il regime politico unitario da cui dipende il ius civile, prevede un sistema di giustizia regolato dalle azioni, dalle eccezioni e dalla procedura. Questo elemento qualifica ulteriormente gli istituti, garantendo la tutela dei diritti.
La dialettica del processo è, infatti, centrale in tutto il Digesto. Principio generale ricorrente nel testo è quello per cui la rigidità dell’actio, la formula data a colui il quale avesse avuto la necessità di tutelare una propria posizione giuridica, poteva essere attenuata grazie ai rimedi, generalmente le exceptiones, forniti dal pretore nel caso in cui la mera forma avesse creato una sostanziale ingiustizia.
Sulla scorta di queste premesse, il vero grande merito della scolastica medievale, improntata alla congiunzione delle cause mediante la tecnica del confronto dialettico di norme, fu quello di cercare di estrapolare i principi ordinatori dei vari istituti giuridici. In ogni rapporto giuridico, infatti, sono sempre presenti due cause, l’una civile e formale e l’altra naturale e sostanziale, rispondente ai principi di giustizia naturale, ai principi cioè di aequitas. La loro congiunzione produce gli istituti del Corpus. Ogni norma dell’imperatore, nella visione della nuova scienza giuridica, doveva contenere un’aequitas; compito del giurista era, dunque, quello di capirla ed estrapolarla mediante la messa a confronto di norme apparentemente discordanti.

Questo modo di concepire il diritto può entrare in conflitto con la metodologia di regolazione carismatica fondata sull’indiscutibile precetto religioso. Un chiaro esempio di una tale discordanza lo possiamo ritrovare nella discussione circa la possibilità, per la categoria privilegita dei minorenni, di recedere da un giuramento in cui l’oggetto della prestazione giurata non sia equilibrato. Secondo la teoria di Bulgaro un simile giuramento può essere disatteso senza commettere alcun sacrilegio in quanto la formalità ha rafforzato un’obbligazione nulla, in quanto nullo ne era l’oggetto. Martino, invece, espone la teoria opposta della vincolatività di un simile giuramento – che non a caso prende il nome latino di sacramentum – in quanto suggellato una volta per tutte dall’intervento divino. Protende, infine, per quest’ultima tesi della vincolatività in ogni caso dei giuramenti anche lo stesso imperatore Federico Barbarossa nella costituzione Sacramenta puberum.
A cura di Chiara Casuccio

mercoledì 9 novembre 2016

Lezione dell'8 novembre 2016 CON VIDEO

Utraque lex: l'uso "rapsodico" del diritto romano tipico del mondo ecclesiastico.
La figura un po' sfuggente di Pepo ci presenta l'atteggiamento tipico di alcuni ecclesiastici della fine dell'XI secolo, curiosi del diritto di Giustiniano ma ancora pienamente inseriti nella mentalità dell'alto Medioevo. La principale fonte che dipinge Pepo in questo modo è l'opera di teologia morale di Radulphus Niger, un prelato inglese che scrisse un'intepretazione morale del libro di Samuele dell'Antico Testamento, che nella Vulgata prendeva il nome di Libro dei Re. Perciò l'opera si chiama Moralia Regum. Qui si esalta la figura di Pepo come iniziatore dello studio del diritto romano, riesumato allo scopo di "rinnovare il malvagio rito del giudizio". Si riferiva all'esigenza, sempre più sentita, di abbandonare le diverse forme di giudizio di Dio, e in particolare il duello, per adottare una procedura razionale e sentita come più giusta.
Questo mosaico della chiesa di San Savino di Piacenza dimostra l'esigenza del mutamento: sotto alla scena di un duello raffigura il gioco dei dadi, proibito dalla Chiesa e simbolo della vittoria del caso; sotto alla scena del processo invece raffigura il gioco degli scacchi, che nel XII secolo era arrivato in Europa e simboleggiava il razionale confronto di due posizioni all'interno di un quadro di regole certe.
Ma Pepo non arrivò a proporre un o studio integrale e innovativo di tutte le norme promulgate da Giustiniano. Lo stesso Radulphus riporta un altro episodio che lo riguarda, in cui egli chiede la condanna a morte per l'uccisore di un servo invocando un principio biblico, la legge del taglione, come se fosse sancito dal diritto romano.
Ecco, questa commistione di legge romana e precetti biblici è stata chiamata utraque lex, cioè "entrambe le leggi", per sottolineare la possibilità di attingere ora al patrimonio biblico o canonico, ora a quello del diritto romano. Cosa ben diversa dal sistema che si affermò poi grazie al successo della scuola di Bologna e della scolastica giuridica, che invece costruisce sistemi complessi di concetti giuridici attraverso il confronto fra tutte le norme promulgate da Giustiniano nella sua compilazione, e poi ben presto considerando anche il diritto canonico come corpus chiuso e definito di precetti. Non lex, ma ius, inteso come sistema di diritto I due diritti, quello romano e quello canonico coordinati fra loro, prenderanno così il nome di utrumque ius.

Irnerio e la ricomposizione del corpus iurisi civilis.
Fin dal Duecento, si è attribuito il merito di aver fondato la scuola di Bologna ad Irnerio, al quale poi si sono attribuite varie opere: molte glosse scritte nei margini o fra le righe del testo del Corpus Iuris, e molte opere indipendenti dal testo: summae e quaestiones. Man mano, però, si è posta in dubbio la sua paternità su tutte queste opere, incluse molte delle glosse, che sono siglate con un "y.", che potrebbe in realtà non essere la sua sigla.
Resta però legata al suo nome l'operazione essenziale e fondamentale che consente la fondazione di un nuovo modo di concepire il diritto, cioè la ricostruzione delle quattro parti del Corpus Iuris Civilis (quali sono, lo ricordate?) nella loro forma originale (o in una forma il più possibile vicina all'originale).
Questo è un atteggiamento veramente innovativo, perché non sceglie più un testo qua e uno là per costruire una raccolta idonea per le esigenze di chi la usa, ma riconosce al legislatore il potere di imporre non solo singole norme, ma un disegno complessivo del diritto, fatto di norme aventi tutte identico valore di legge. Di fronte a questo quadro imposto dall'alto, è necessariia un'opera di confronto e coordinamento delle leggi, e di soluzione delle molte contraddizioni. È proprio grazie alle contraddizioni che si sviluppa la dialettica scolastica, impegnata a conciliare norme formalmente tutte vigenti.

Bulgaro e il legame fra dottrina giuridica ed esigenze del nuovo processo.
Nell'articolo Il Digesto fuori dal Digesto potete trovare, con maggiore ampiezza, le cose dette nella seconda parte della lezione.

martedì 8 novembre 2016

Una lettura in più

Come avete visto, nelle lezioni propongo una lettura un po' diversa da quella che trovate sul libro di Ennio Cortese. Se volete leggere un mio articolo che riassume questa visuale lo trovate qui.

https://www.academia.edu/11696317/Il_Digesto_fuori_dal_Digesto_in_Interpretare_il_Digesto._Storia_e_metodi_a_c._di_A._Padoa_Schioppa_e_D._Mantovani_Pavia_Iuss_Press_2014_

Lezione del 7/11/2016

La caratteristica principale del diritto, inteso ora come scientia e tecnica e non più come semplice pratica, di rappresentare un complesso di astrazioni che incidono sulla vita reale delle persone si comincia a specificare nell’ XI e XII secolo, perfezionandosi, poi, nel XIII. Anche questo grande rinnovamento culturale, analizzato dalle vecchie dottrine storico giuridiche come un fatto del tutto avulso dal contesto politico-sociale, è in realtà il frutto di una ricerca ed una elaborazione nuove, nate come risposte alle esigenze di una società in mutamento.
In generale, possiamo dire che quello che caratterizza l’Europa dell’undicesimo secolo sono, da un lato, le conseguenze dell’affievolirsi del potere centrale con la creazione di nuovi soggetti istituzionali e, dall’altro, l’immissione di una forte energia sul piano politico che si concretizza in una forza centrifuga e di espansione dell’Europa occidentale verso l’esterno. Si possono quindi individuare almeno tre grandi premesse di carattere politico, necessarie ad una comprensione più profonda della nuova scienza giuridica ed in particolare del diritto civile-giustinaneo.
1. L’attenuazione della compattezza del potere imperiale e la già menzionata ripresa della vita cittadina sono alla base della fondazione di quel nuovo soggetto istituzionale che nel giro di un centinaio d’anni dominò la storia politica italiana ed europea: il comune. Sempre più spesso, infatti, la popolazione organizzata dentro le mura della città cominciò a costituire unità cittadine autonome da qualsivoglia potere centrale, rafforzando tale unità mediante un patto comune.
2. Altro terreno di novità nell’Europa occidentale dell’XI secolo sono la creazione di tre grandi nuovi soggetti politici accomunati dalla peculiarità di sorgere in una situazione di vuoto istituzionale e di essere, dunque, liberi di strutturarsi, senza un necessario dialogo con la giurisdizione centrale:
a) Regno normanno d’Inghilterra. Dopo la battaglia di Hastings del 1066 gli eserciti francesi della Normandia sottraggono la terra in questione ai Vichinghi ed invocano la legittimazione di tale nuova sovranità innanzi al papa, il quale la concede dopo un iniziale momento di ostilità.
b) Reconquista della Penisola Iberica. La precedente resistenza delle popolazioni cristiane ai mussulmani si trasforma, dopo l’anno mille, in conquista o meglio, ri-coquista, dei territori ormai in mano ai mori, grazie agli impulsi espansionistici provenienti dai regni di Asturia e Leòn.
c) Regno normanno di Sicilia, sottratto ai mussulmani su impulso del pontefice che legittimò la sovranità normanna sull’isola proprio al fine di vederla riconquistata e cristianizzata ad opera di questo nuovo alleato politico.
3. Terza novità è rappresentata dalla trasformazione dei tradizionali pellegrinaggi a Gerusalemme in campagne per il recupero della sovranità europea sulla Terra Santa: le crociate, che porteranno alla sanguinosa riappropriazione di Gerusalemme del 1099.
È, dunque, in questo panorama istituzionale che si colloca quel rinnovamento culturale grazie al quale nascerà e si svilupperà la nuova scienza giuridica. Lo studio di questo fenomeno come autonomo rispetto al contesto storico in cui deve essere, invece, necessariamente calato, è stato influenzato da una vecchia concezione delle dottrine storico-giuridiche che vedevano la nascita della scienza (nel termine medievale del termine) del diritto come il frutto di un “meraviglioso caso” – v. H, Kantorowicz. Per un evento del tutto casuale, la forza di un libro, il Digesto, capace, di per sé, di costituire questa nuova scienza, sarebbe stata “attivata” nel momento in cui tale libro “cadde nelle mani di un uomo geniale”: Irnerio.
In realtà, come accennato, la scienza giuridica del nuovo millennio si presenta quale risposta alle comuni istanze di introduzione nel sistema di una razionalità nuova, per la disciplina di una società anch’essa rinnovata. La storia della ricomparsa del Digesto è, dunque, una storia di ricerca, prima che di riscoperta: la ricerca di una nuova applicazione delle norme rispondente ai principi della razionalità e della dialettica, portò alla ricerca ed alla riscoperta del diritto romano, depositario di quel complesso di istituti giuridici di gran lunga più raffinati del precedente “diritto della pratica”.
Essa è, tuttavia, anche una storia indiziaria: possiamo idealmente individuare due grandi aree di indizi che sembrano rivelarci la riscoperta del Digesto ed il suo riutilizzo:
1) Riutilizzazione dei frammenti dotati di una doppia autorevolezza – in quanto opere dei giureconsulti ed in quanto promulgati con forza di legge da Giustiniano- come argomenti politici. Questi frammenti vennero, infatti, utilizzati sia da parte del papato sia da parte dell’impero nel massimo conflitto politico ed ideologico dell’epoca: la lotta per le investiture e, in generale, per le rispettive rivendicazioni di indipendenza dall’altro potere. Essendo un contrasto di natura ideologica si rese necessaria la ricerca, per entrambe le “fazioni”, di fonti che dessero autorevolezza alle rispettive pretese. Qualche esempio:
• Collectio Britannica. Si tratta di una compilazione di età gregoriana che mira a sostenere la nuova struttura sociale imposta da Gregorio VII. Tra l’elencazione di brani provenienti dai registri delle lettere decretali vengono citati anche 90 frammenti provenienti dal Digesto e reputati dal compilatore confacenti alla tesi della supremazia del potere pontificio su quello imperiale.
• Anche per sostenere l’antitetica posizione di supremazia imperiale si attinse al Digesto, Esempi ne sono i richiami alla Lex regia de Imperio -per la verità non presente nel libro in questione ma richiamata in un suo frammento- in quanto utile a rammentare l’idea di derivazione popolare, e dunque non divina, del potere, e quelli effettuati da Pietro Crasso, giurista sostenitore delle posizioni imperiali.
2) Richiami al Digesto necessitati da una nuova e più raffinata tecnica di risoluzione delle controversie improntata alla razionalità. Alcuni esempi:
• Il commento al Liber Papiensis, (una raccolta, ad opera di un nuovo ceto di giudici che amministravano la giustizia, di tutte le norme vigenti nel regno d’Italia), altresì conosciuto come l’Expositio ad librum papiensem, nel tentativo di risolvere i problemi di coordinamento tra le diverse disposizioni richiama il diritto romano, lex generalis omnium, nel caso in cui la soluzione non si fosse potuta trovare nelle leggi vigenti.
• Il Placito di Marturi – decisione di una controversia avvenuta, nel regno di Toscana, tra l’ente ecclesiastico di Marturi e tale Sigizo, lontano avente causa dei Canossa, usurpatori di terreni appartenenti alla Chiesa- basa la risoluzione del caso su una norma proveniente da un frammento di Ulpiano circa la possibilità di usufruire del rimedio della restitutio in integrum non solo nel caso di soggetti minorenni ma anche in quello di impossibilità di adire l’autorità giudicante in quanto mancante, per qualunque motivo. La straordinarietà di questa testimonianza risiede nel fatto che la disapplicazione, ad opera del giudice, del diritto longobardo-franco e l’applicazione della “più giusta” legge romana ha una forza tale da ribaltare i rapporti di forza e, dunque, l’esito della decisione.
• Secondo quanto riportatoci dal teologo Rodulfus Niger, Pepo fu il primo che, per esigenze pratiche di rinnovazione del rito del processo fino a quel momento ingiusto in quanto irrazionale, utilizzò il Digesto per riportare il rito a razionalità.