martedì 8 novembre 2016

Lezione del 7/11/2016

La caratteristica principale del diritto, inteso ora come scientia e tecnica e non più come semplice pratica, di rappresentare un complesso di astrazioni che incidono sulla vita reale delle persone si comincia a specificare nell’ XI e XII secolo, perfezionandosi, poi, nel XIII. Anche questo grande rinnovamento culturale, analizzato dalle vecchie dottrine storico giuridiche come un fatto del tutto avulso dal contesto politico-sociale, è in realtà il frutto di una ricerca ed una elaborazione nuove, nate come risposte alle esigenze di una società in mutamento.
In generale, possiamo dire che quello che caratterizza l’Europa dell’undicesimo secolo sono, da un lato, le conseguenze dell’affievolirsi del potere centrale con la creazione di nuovi soggetti istituzionali e, dall’altro, l’immissione di una forte energia sul piano politico che si concretizza in una forza centrifuga e di espansione dell’Europa occidentale verso l’esterno. Si possono quindi individuare almeno tre grandi premesse di carattere politico, necessarie ad una comprensione più profonda della nuova scienza giuridica ed in particolare del diritto civile-giustinaneo.
1. L’attenuazione della compattezza del potere imperiale e la già menzionata ripresa della vita cittadina sono alla base della fondazione di quel nuovo soggetto istituzionale che nel giro di un centinaio d’anni dominò la storia politica italiana ed europea: il comune. Sempre più spesso, infatti, la popolazione organizzata dentro le mura della città cominciò a costituire unità cittadine autonome da qualsivoglia potere centrale, rafforzando tale unità mediante un patto comune.
2. Altro terreno di novità nell’Europa occidentale dell’XI secolo sono la creazione di tre grandi nuovi soggetti politici accomunati dalla peculiarità di sorgere in una situazione di vuoto istituzionale e di essere, dunque, liberi di strutturarsi, senza un necessario dialogo con la giurisdizione centrale:
a) Regno normanno d’Inghilterra. Dopo la battaglia di Hastings del 1066 gli eserciti francesi della Normandia sottraggono la terra in questione ai Vichinghi ed invocano la legittimazione di tale nuova sovranità innanzi al papa, il quale la concede dopo un iniziale momento di ostilità.
b) Reconquista della Penisola Iberica. La precedente resistenza delle popolazioni cristiane ai mussulmani si trasforma, dopo l’anno mille, in conquista o meglio, ri-coquista, dei territori ormai in mano ai mori, grazie agli impulsi espansionistici provenienti dai regni di Asturia e Leòn.
c) Regno normanno di Sicilia, sottratto ai mussulmani su impulso del pontefice che legittimò la sovranità normanna sull’isola proprio al fine di vederla riconquistata e cristianizzata ad opera di questo nuovo alleato politico.
3. Terza novità è rappresentata dalla trasformazione dei tradizionali pellegrinaggi a Gerusalemme in campagne per il recupero della sovranità europea sulla Terra Santa: le crociate, che porteranno alla sanguinosa riappropriazione di Gerusalemme del 1099.
È, dunque, in questo panorama istituzionale che si colloca quel rinnovamento culturale grazie al quale nascerà e si svilupperà la nuova scienza giuridica. Lo studio di questo fenomeno come autonomo rispetto al contesto storico in cui deve essere, invece, necessariamente calato, è stato influenzato da una vecchia concezione delle dottrine storico-giuridiche che vedevano la nascita della scienza (nel termine medievale del termine) del diritto come il frutto di un “meraviglioso caso” – v. H, Kantorowicz. Per un evento del tutto casuale, la forza di un libro, il Digesto, capace, di per sé, di costituire questa nuova scienza, sarebbe stata “attivata” nel momento in cui tale libro “cadde nelle mani di un uomo geniale”: Irnerio.
In realtà, come accennato, la scienza giuridica del nuovo millennio si presenta quale risposta alle comuni istanze di introduzione nel sistema di una razionalità nuova, per la disciplina di una società anch’essa rinnovata. La storia della ricomparsa del Digesto è, dunque, una storia di ricerca, prima che di riscoperta: la ricerca di una nuova applicazione delle norme rispondente ai principi della razionalità e della dialettica, portò alla ricerca ed alla riscoperta del diritto romano, depositario di quel complesso di istituti giuridici di gran lunga più raffinati del precedente “diritto della pratica”.
Essa è, tuttavia, anche una storia indiziaria: possiamo idealmente individuare due grandi aree di indizi che sembrano rivelarci la riscoperta del Digesto ed il suo riutilizzo:
1) Riutilizzazione dei frammenti dotati di una doppia autorevolezza – in quanto opere dei giureconsulti ed in quanto promulgati con forza di legge da Giustiniano- come argomenti politici. Questi frammenti vennero, infatti, utilizzati sia da parte del papato sia da parte dell’impero nel massimo conflitto politico ed ideologico dell’epoca: la lotta per le investiture e, in generale, per le rispettive rivendicazioni di indipendenza dall’altro potere. Essendo un contrasto di natura ideologica si rese necessaria la ricerca, per entrambe le “fazioni”, di fonti che dessero autorevolezza alle rispettive pretese. Qualche esempio:
• Collectio Britannica. Si tratta di una compilazione di età gregoriana che mira a sostenere la nuova struttura sociale imposta da Gregorio VII. Tra l’elencazione di brani provenienti dai registri delle lettere decretali vengono citati anche 90 frammenti provenienti dal Digesto e reputati dal compilatore confacenti alla tesi della supremazia del potere pontificio su quello imperiale.
• Anche per sostenere l’antitetica posizione di supremazia imperiale si attinse al Digesto, Esempi ne sono i richiami alla Lex regia de Imperio -per la verità non presente nel libro in questione ma richiamata in un suo frammento- in quanto utile a rammentare l’idea di derivazione popolare, e dunque non divina, del potere, e quelli effettuati da Pietro Crasso, giurista sostenitore delle posizioni imperiali.
2) Richiami al Digesto necessitati da una nuova e più raffinata tecnica di risoluzione delle controversie improntata alla razionalità. Alcuni esempi:
• Il commento al Liber Papiensis, (una raccolta, ad opera di un nuovo ceto di giudici che amministravano la giustizia, di tutte le norme vigenti nel regno d’Italia), altresì conosciuto come l’Expositio ad librum papiensem, nel tentativo di risolvere i problemi di coordinamento tra le diverse disposizioni richiama il diritto romano, lex generalis omnium, nel caso in cui la soluzione non si fosse potuta trovare nelle leggi vigenti.
• Il Placito di Marturi – decisione di una controversia avvenuta, nel regno di Toscana, tra l’ente ecclesiastico di Marturi e tale Sigizo, lontano avente causa dei Canossa, usurpatori di terreni appartenenti alla Chiesa- basa la risoluzione del caso su una norma proveniente da un frammento di Ulpiano circa la possibilità di usufruire del rimedio della restitutio in integrum non solo nel caso di soggetti minorenni ma anche in quello di impossibilità di adire l’autorità giudicante in quanto mancante, per qualunque motivo. La straordinarietà di questa testimonianza risiede nel fatto che la disapplicazione, ad opera del giudice, del diritto longobardo-franco e l’applicazione della “più giusta” legge romana ha una forza tale da ribaltare i rapporti di forza e, dunque, l’esito della decisione.
• Secondo quanto riportatoci dal teologo Rodulfus Niger, Pepo fu il primo che, per esigenze pratiche di rinnovazione del rito del processo fino a quel momento ingiusto in quanto irrazionale, utilizzò il Digesto per riportare il rito a razionalità.

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