giovedì 1 dicembre 2016

lezione del 30 novembre 2016

Lo spirito umanistico e la passione per il mondo antico si declinarono nel corso del XVI secolo in diverse sfere della dottrina giuridica.
Una prima sfera di azione dei giuristi umanisti fu quella della critica filologica delle fonti. Lo spirito indagatore alla base di tutte le principali discipline e scienze del XVI secolo si tradusse, nel diritto, in uno studio analitico e critico del testo. Questo atteggiamento di diffidenza nei confronti dei testi, a ben guardare, riflette un più generale atteggiamento di analisi e ricerca del vero discostandosi dalla passiva accettazione acritica delle fonti e dei testi tramandati dalla tradizione. Questa mentalità svolse un ruolo anche nella stessa riforma protestante, che pose in dubbio il testo della vulgata biblica, andandone a ricercare il significato direttamente sulla fonte antica greca e non corrotta.
Uno dei più grandi esponenti della filologia giuridica del cinquecento fu Andrea Alciato giurista italiano trasferitosi in Francia a seguito delle critiche mossegli dai suoi colleghi dell’università italiana. Egli ricevette una formazione umanistica tale da renderlo un grande conoscitore delle lingue greca e latina. Effettuò annotazioni critiche al Corpus, soprattutto al Digesto ed ai Tres Libri, data la sua passione per le istituzioni antiche. Si occupò di ricostruire il testo originale del Digesto reinserendovi, grazie all’ausilio dei manoscritti antichi, le parti in greco che i copisti medievali avevano eliminato. Il nuovo modo di approcciarsi ai testi di cui Alciato è espressione è alla base del rinnovamento del diritto moderno; si cominciò a comprendere la profondità storica delle fonti, soprattutto romane, e la loro differenza con il diritto attuale.
 Il suo insegnamento si diffuse soprattutto in Francia. Alcuni suoi seguaci si occuparono, per primi, di storia del diritto oltre che di filologia. Tra questi ricordiamo Jacques Cujas (1522-1590) o  Cuiacio. Egli cercò di ricostruire la dialettica storica delle fonti romane, dando rilevanza a fonti diverse dal Corpus, come per esempio il Codice Teodosiano.
Tra i suoi allievi, quasi contemporanei, spiccano le figure di Pierre Pithou (1539-1596) e Francois Hotman (1524-1590). Pithou applicò la propria passione per la stratificazione delle fonti storiche allo studio del diritto francese. Egli, infatti, vedeva la storia come un lento stabilirsi di un dato potere in un dato territorio, nel suo caso il regno di Francia. Il lavoro filologico e le edizioni critiche dei testi antichi rappresentano, in quest’ottica, la forma scientifica della storiografia. L’idea, poi, della legittimazione del potere centrale attraverso la sua giustificazione storica, fu fatta propria dalla corona stessa che promosse, in Francia, la fondazione di diverse accademie nazionali per lo studio scientifico e la ricerca delle fonti del popolo francese, espressione del loro spirito (v. ad es.1635, Académie française ). Anche in Hotman fu centrale la questione circa la legittimità delle istituzioni giuridiche francesi; a riguardo egli pubblicò l’opera “Franco-Gallia”. L’opera che, tuttavia, viene presa a manifesto del suo pensiero è l’ Antitribonianus, sive Dissertatio de studio Legum. Le accuse mosse a Triboniano da Hotman si concentrarono sul metodo: da un lato l’aver composto il Digesto tagliando ed incollando pezzi di opere di giuristi differenti aveva di fatto “condannato a morte” le opere originali dei giuristi di epoca classica, dall’altro l’architettura sistematica del Digesto e del Codex non seguiva un’organizzazione razionale della successione delle materie.
In questo senso Hotman rappresenta l’anello di congiunzione tra la prima grande sfera umanistica del diritto, la filologia, e la seconda: la sistematica. Il riconoscimento della carenza della compilazione giustinianea rappresenta un altro tassello della legittimazione del regno di Francia: l’abbandono dell’accettazione acritica della struttura compilativa romana diede adito alla possibilità per il potere centrale di progettare egli stesso un sistema razionale di istituti giuridici. Il più noto sistematico dell’epoca umanistica è Huges Doneau (1527-1591) che, abbandonando il modello di conoscenza “per avvicinamenti mediante contrasti” tipico della dialettica e scolastica medievali, adottò un metodo di descrizione dei concetti analitico ed armonico, fondato sulla descrizione dei concetti generali e poi particolari. Questa disciplina mentale, prima che didattica, diventò ben presto un elemento tipico della sistematica tedesca. La Germania cominciò a porsi come terreno d’elezione di tutta la sistematica giuridica.

Tornando alla questione della legittimazione del potere, uno dei più importanti teorici dell’assolutismo francese fu Jean Bodin (1529-1596). Nella sua opera République l’autore utilizzò la sua profondissima conoscenza della storia per giustificare la sovranità assoluta del re sullo stato francese. Secondo il giurista era proprio la storia delle fonti e delle istituzioni francesi a giustificare una serie di poteri regi come la promulgazione di leggi, in cui unico elemento di legittimità della norma era la volontà stessa del legislatore (il testo di legge si concludeva con la frase “perchè così a noi è piaciuto”), la nomina dei magistrati e la detenzione del potere di decidere in grado d’appello sulle loro sentenze, la gestione del valore della moneta, il plelievo di tasse, il potere di dichiarare guerra e concludere la pace. Anche tale tipo di sovranità, tuttavia, è soggetta a limiti: il primo di ordine divino, il secondo è invece rappresentato dalle “leggi fondamentali dello stato”. Comincia così a strutturarsi l’idea che esistano leggi di livello differente dalle altre la cui eliminazione determinerebbe la messa in crisi di tutto il sistema costituzionale.
A cura di Chiara Casuccio

1 commento:

Anonimo ha detto...

Buongiorno professore, anche fermandosi a 6 risposte verrebbero scartati i due voti più bassi?