Cercando di fare una sintesi, su un piano rigorosamente generale, riguardo le amministrazioni francesi e spagnole che abbiamo preso in esame, ho provato a delineare dei tratti caratterizzanti di queste andando a motivare mediante contesto storico.
Prendo spunto dalla presentazione di Luisa circa il capitolo del testo “Carlo V e il suo impero”, ritengo fondamentale infatti partire dall’analisi storico-politica dell’età di Carlo V. Egli si inserisce in un contesto geopolitico già formato, quello dell’Impero concepito come un’entità in grado di unificare ogni diversità (politico-religiosa)presente in quel vasto territorio. Le strutture amministrative preesistenti rimasero per lo più invariate quanto a composizione e funzioni, almeno finché la loro opera non venne a scontrarsi con le esigenze finanziare asburgiche, come detto in finale di presentazione da Luisa. In particolare furono le aspirazioni espansionistiche della politica internazionale di Carlo V e la sua voglia di reggere il confronto con la Francia a richiedere uno stringente controllo sulle finanze, argomento che abbiamo appreso da Laura, Alberto e Walter.
La Francia, territorialmente e demograficamente inferiore, aveva però il vantaggio di essere uno Stato unitario e dotato di maggiore centralizzazione monarchica, uniformità amministrativa, giudiziaria, fiscale e politica. Nell’espletamento delle pratiche di governo il sovrano era assistito da un sistema di Consigli diversificati per competenze politiche e giudiziarie. Come abbiamo potuto apprendere da Fabrizio e Lorenzo, infatti, furono create delle nuove figure, per quanto riguardava gli organi giudiziari, come gli intendenti, che avevano una funzione di rappresentanza del Re in ogni sua generalità, per questo definite uno strumento di accentramento monarchico; le loro funzioni si estendevano all’ordine pubblico, alla giustizia e alle finanze locali.
La conclusione potrebbe assume questi termini: Per la Francia sembra molto più facile la situazione amministrativa: è più piccola, è già consolidata, ha alle spalle una solidità politica, quasi una professionista del mestiere. Le cose sono diverse invece in Spagna, c’è un territorio più ampio, i problemi religiosi, non meno il contrasto di visone tra politica asburgica e singole identità dei paesi che sfociarono nelle difficoltà di natura fiscale. Sembra, quindi, il caso di poter confermare anche in questo contesto che…“L’Esperienza Conta”!
Riporto qui di seguito per quanti non c’erano giovedì scorso una sintesi della mia ricerca sulle origini canoniche del diritto amministrativo che ho avuto modo di pubblicare sul blog solo ora. Il punto di riferimento per questo mio lavoro è stato l’articolo di Gabriel Le Bras “Les origines canonique du droit administratif” in “L’évolution du droit public, etudes offertes à A. Mestre”. Le Bras ci dice infatti che è proprio grazie alla Chiesa che, a partire dal Medioevo, è possibile scorgere gli inizi veri e propri del diritto amministrativo.(A tal proposito Antonio Padoa Schioppa nelle sue “Riflessioni sul modello del diritto canonico medievale” nel terzo volume di “A Ennio Cortese, scritti promossi da D. Maffei e raccolti da I. Birocchi[ …]”suggerisce di parlare per il diritto canonico e il diritto amministrativo di fenomeno di osmosi. Infatti fra tutti i diritti secolari, il diritto amministrativo è quello che più di tutti accoglie elementi di diritto canonico. Si pensi ad esempio a quanti istituti penetrati nell’ambito del diritto amministrativo di oggi e individuati sapientemente dal Prof. Conte nella sua recensione sul libro della Weidenfeld “Les origines médiévales du contentieux administratif” trovino la loro origine nel diritto canonico: regole delle decisioni a maggioranza, concezione proprietaria di officium, idea di persona giuridica, nozione di rappresentanza diretta etc.. ). Ritornando a Le Bras, l’Autore francese sottolinea che dopo la pace costantiniana i monasteri e i conventi incominciarono a svolgere la funzione di servizi pubblici, divenendo centri di assistenza, di beneficenza, scuole e ospedali. Più precisamente a partire dall’XI secolo la Chiesa inizia ad organizzarsi ad impronta dello Stato avendo come suo principale obiettivo il controllo del territorio che viene così diviso in circoscrizioni che Le Bras non a caso chiama “amministrative”: le parrocchie, le diocesi, le province. In ciascuno di questi organismi territoriali e sociali, la Chiesa riconosce un soggetto di diritto, meglio dire una persona giuridica. Proprio in questo contesto, infatti, s’inserisce la teoria dell’universitas elaborata intorno al 1250 da papa Innocenzo IV al secolo Sinibaldo dei Fieschi. Glossando le Decretali Gregorio IX, Sinibaldo si pone il problema di come debba avvenire il giuramento da parte di una universitas. Si chiede, cioè, se devono giurare tutti i membri del collegio o solo chi li rappresenta.
La sua risposta è rimasta celebre e porta acqua alla teoria della finzione come modo di ricostruire unitariamente il gruppo: “Cum collegium in causa universitatis fingantur una persona, dignum est quod per unum inerent”. Secondo questa dottrina, quindi, ogni collettività di diritto pubblico poteva essere fatta rientrare nella categoria di persona ficta che si fondava sulla trasposizione della capacità del singolo all’ente. Le parrocchie, le diocesi, le province si configuravano così come universitates, come persone giuridiche e in quanto tali potevano acquistare, obbligarsi, essere responsabili penalmente con la sola eccezione della scomunica. Il loro statuto prevedeva poi che i loro beni rientrassero nel demanio pubblico(che fossero quindi inalienabili, inusucapibili, impignorabili e indisponibili) e che i loro amministratori fossero inamovibili e dotati di immunità. Rispettivamente i funzionari di queste circoscrizioni amministrative erano i curati per le parrocchie, i vescovi per le diocesi e il Papa per le province. Il loro compito fondamentale, oltre a quello della salvezza delle anime, era il mantenimento dell’ordine che si otteneva attraverso l’espletamento delle proprie funzioni di giustizia, di polizia e di controllo. Infatti, lo stesso termine vescovo etimologicamente deriva dal greco ἐπίσκοπος che significa appunto “colui che controlla, ispettore, sorvegliante”. Strumento di questo suo potere è la visita pastorale che, come scrive la nostra Dott.ssa Di Paolo in“Quaero quid sit visitatio et quid visitare. Alcune annotazioni sull’esperienza canonistica dell’amministrazione”, è un istituto di diritto canonico antichissimo, avente natura amministrativa e che viene così utilizzato dai vescovi come meccanismo di sorveglianza, di controllo e di intervento disciplinare sia a livello temporale che a livello spirituale. In conclusione ho trovato poi interessante constatare che non bisogna andare troppo lontano nel tempo per vedere come la Chiesa ha influenzato il diritto amministrativo in gran parte delle sue componenti. Se si considera infatti uno dei principi cardini del diritto amministrativo, il principio di sussidiarietà, è facile scorgere come questo si legga chiaramente nell’Enciclica Quadragesimo Anno del 1931di Pio XI che si sofferma proprio sulla differenza tra sussidiarietà verticale e sussidiarietà orizzontale, dato importante per il nostro discorso sull’auto/etero amministrazione.
5 commenti:
Messaggio ricevuto! Grazie e buon fine settimana
perfetto..
Riflessioni circa le nostre ultime due lezioni
Cercando di fare una sintesi, su un piano rigorosamente generale, riguardo le amministrazioni francesi e spagnole che abbiamo preso in esame, ho provato a delineare dei tratti caratterizzanti di queste andando a motivare mediante contesto storico.
Prendo spunto dalla presentazione di Luisa circa il capitolo del testo “Carlo V e il suo impero”, ritengo fondamentale infatti partire dall’analisi storico-politica dell’età di Carlo V. Egli si inserisce in un contesto geopolitico già formato, quello dell’Impero concepito come un’entità in grado di unificare ogni diversità (politico-religiosa)presente in quel vasto territorio. Le strutture amministrative preesistenti rimasero per lo più invariate quanto a composizione e funzioni, almeno finché la loro opera non venne a scontrarsi con le esigenze finanziare asburgiche, come detto in finale di presentazione da Luisa. In particolare furono le aspirazioni espansionistiche della politica internazionale di Carlo V e la sua voglia di reggere il confronto con la Francia a richiedere uno stringente controllo sulle finanze, argomento che abbiamo appreso da Laura, Alberto e Walter.
La Francia, territorialmente e demograficamente inferiore, aveva però il vantaggio di essere uno Stato unitario e dotato di maggiore centralizzazione monarchica, uniformità amministrativa, giudiziaria, fiscale e politica. Nell’espletamento delle pratiche di governo il sovrano era assistito da un sistema di Consigli diversificati per competenze politiche e giudiziarie. Come abbiamo potuto apprendere da Fabrizio e Lorenzo, infatti, furono create delle nuove figure, per quanto riguardava gli organi giudiziari, come gli intendenti, che avevano una funzione di rappresentanza del Re in ogni sua generalità, per questo definite uno strumento di accentramento monarchico; le loro funzioni si estendevano all’ordine pubblico, alla giustizia e alle finanze locali.
La conclusione potrebbe assume questi termini:
Per la Francia sembra molto più facile la situazione amministrativa: è più piccola, è già consolidata, ha alle spalle una solidità politica, quasi una professionista del mestiere. Le cose sono diverse invece in Spagna, c’è un territorio più ampio, i problemi religiosi, non meno il contrasto di visone tra politica asburgica e singole identità dei paesi che sfociarono nelle difficoltà di natura fiscale. Sembra, quindi, il caso di poter confermare anche in questo contesto che…“L’Esperienza Conta”!
Riporto qui di seguito per quanti non c’erano giovedì scorso una sintesi della mia ricerca sulle origini canoniche del diritto amministrativo che ho avuto modo di pubblicare sul blog solo ora. Il punto di riferimento per questo mio lavoro è stato l’articolo di Gabriel Le Bras “Les origines canonique du droit administratif” in “L’évolution du droit public, etudes offertes à A. Mestre”. Le Bras ci dice infatti che è proprio grazie alla Chiesa che, a partire dal Medioevo, è possibile scorgere gli inizi veri e propri del diritto amministrativo.(A tal proposito Antonio Padoa Schioppa nelle sue “Riflessioni sul modello del diritto canonico medievale” nel terzo volume di “A Ennio Cortese, scritti promossi da D. Maffei e raccolti da I. Birocchi[ …]”suggerisce di parlare per il diritto canonico e il diritto amministrativo di fenomeno di osmosi. Infatti fra tutti i diritti secolari, il diritto amministrativo è quello che più di tutti accoglie elementi di diritto canonico. Si pensi ad esempio a quanti istituti penetrati nell’ambito del diritto amministrativo di oggi e individuati sapientemente dal Prof. Conte nella sua recensione sul libro della Weidenfeld “Les origines médiévales du contentieux administratif” trovino la loro origine nel diritto canonico: regole delle decisioni a maggioranza, concezione proprietaria di officium, idea di persona giuridica, nozione di rappresentanza diretta etc.. ). Ritornando a Le Bras, l’Autore francese sottolinea che dopo la pace costantiniana i monasteri e i conventi incominciarono a svolgere la funzione di servizi pubblici, divenendo centri di assistenza, di beneficenza, scuole e ospedali. Più precisamente a partire dall’XI secolo la Chiesa inizia ad organizzarsi ad impronta dello Stato avendo come suo principale obiettivo il controllo del territorio che viene così diviso in circoscrizioni che Le Bras non a caso chiama “amministrative”: le parrocchie, le diocesi, le province. In ciascuno di questi organismi territoriali e sociali, la Chiesa riconosce un soggetto di diritto, meglio dire una persona giuridica. Proprio in questo contesto, infatti, s’inserisce la teoria dell’universitas elaborata intorno al 1250 da papa Innocenzo IV al secolo Sinibaldo dei Fieschi. Glossando le Decretali Gregorio IX, Sinibaldo si pone il problema di come debba avvenire il giuramento da parte di una universitas. Si chiede, cioè, se devono giurare tutti i membri del collegio o solo chi li rappresenta.
(segue...)
(...segue da sopra)
La sua risposta è rimasta celebre e porta acqua alla teoria della finzione come modo di ricostruire unitariamente il gruppo: “Cum collegium in causa universitatis fingantur una persona, dignum est quod per unum inerent”. Secondo questa dottrina, quindi, ogni collettività di diritto pubblico poteva essere fatta rientrare nella categoria di persona ficta che si fondava sulla trasposizione della capacità del singolo all’ente. Le parrocchie, le diocesi, le province si configuravano così come universitates, come persone giuridiche e in quanto tali potevano acquistare, obbligarsi, essere responsabili penalmente con la sola eccezione della scomunica. Il loro statuto prevedeva poi che i loro beni rientrassero nel demanio pubblico(che fossero quindi inalienabili, inusucapibili, impignorabili e indisponibili) e che i loro amministratori fossero inamovibili e dotati di immunità. Rispettivamente i funzionari di queste circoscrizioni amministrative erano i curati per le parrocchie, i vescovi per le diocesi e il Papa per le province. Il loro compito fondamentale, oltre a quello della salvezza delle anime, era il mantenimento dell’ordine che si otteneva attraverso l’espletamento delle proprie funzioni di giustizia, di polizia e di controllo. Infatti, lo stesso termine vescovo etimologicamente deriva dal greco ἐπίσκοπος che significa appunto “colui che controlla, ispettore, sorvegliante”. Strumento di questo suo potere è la visita pastorale che, come scrive la nostra Dott.ssa Di Paolo in“Quaero quid sit visitatio et quid visitare. Alcune annotazioni sull’esperienza canonistica dell’amministrazione”, è un istituto di diritto canonico antichissimo, avente natura amministrativa e che viene così utilizzato dai vescovi come meccanismo di sorveglianza, di controllo e di intervento disciplinare sia a livello temporale che a livello spirituale. In conclusione ho trovato poi interessante constatare che non bisogna andare troppo lontano nel tempo per vedere come la Chiesa ha influenzato il diritto amministrativo in gran parte delle sue componenti. Se si considera infatti uno dei principi cardini del diritto amministrativo, il principio di sussidiarietà, è facile scorgere come questo si legga chiaramente nell’Enciclica Quadragesimo Anno del 1931di Pio XI che si sofferma proprio sulla differenza tra sussidiarietà verticale e sussidiarietà orizzontale, dato importante per il nostro discorso sull’auto/etero amministrazione.
Posta un commento