La figura di Pepo, che nelle poche
testimonianze pervenute fino a noi viene esaltata quale tra i primi rinnovatori
dello studio del diritto romano, sottolinea, in realtà, la profonda differenza
dell’età preirneriana, caratterizzata da un uso strumentale del diritto romano
– v. episodio del Placito Lombardo-, da quella che si apre con la fondazione
dell’università di Bologna.
Fin dal Duecento, la figura di Irnerio è stata oltremodo caricata di
importanza storica, mediante l’attribuzione ad un solo autore -Irnerio,
appunto- di una produzione giuridico-letteraria proveniente da molteplici
personalità – principalmente suoi allievi.
Tale figura, per lo storico del diritto
medievale non è, in realtà, storicamente ben definita. In primo luogo, è lo
stesso nome “Irnerio” a indurre in errore: la figura storica del mitico
“fondatore” della scuola di Bologna deve farsi coincidere con quella del
giudice bolognese “Wernerius”, presente in molti documenti della prassi
giudiziale.
Il nome di Irnerio appare, poi, tra gli
appartenenti al partito politico imperiale, scomunicati insieme all’imperatore
Enrico V per aver caldeggiato l’elezione dell’anti papa nel 1118.
Quel che è certo, però, è che il nome di Irnerio è
inscindibilmente legato alla “Renovatio” dei libri legali di Giustiniano: l'operazione “filologica”
prima ancora che giuridica di ricostruzione delle quattro parti del Corpus Iuris Civilis nella loro forma originale (rectius in una forma il più possibile vicina all'originale) e che consentì la fondazione
del nuovo modo di studiare il diritto. Racconta, a tal proposito, Burcardo che detta renovatio –
termine che in latino medievale indica l’atto di copiatura del libro
deteriorato- ebbe luogo su impulso di Matilde di Canossa che, sensibile alle
rinnovate esigenze di giustizia sostanziale, chiese al giurista di “rinnovare”
– ossia di ricomporre- i libri delle leggi, da tempo abbandonati e dimenticati.
Il lavoro di rinnovazione pose al giurista – o meglio, al gruppo di
giuristi che lavorò con Irnerio- non pochi problemi, di carattere pratico e,
solo successivamente, interpretativo. Il primo problema riguardava la materiale
disponibilità di un testo originale su cui poter effettuare il lavoro di “restauro”,
giacché come abbiamo visto per il Digesto, i libri in questione erano caduti in
disuso da ormai 5 o 6 secoli. Sopravvivevano invece forme epitomate, antologie
e raccolte – incomplete poiché compilate nell’ “ottica dell’utilizzatore” - di
brani del Corpus.
L’operazione realizzata da Irnerio fu, dunque, una minuziosa opera di
confronto delle varie versioni dei testi circolanti, tesa alla ricostruzione
del volto originale del CJC, che culminò nella ricostruzione dei primi libri
del Codex – gli ultimi “Tres Libri” erano di non facile reperimento, giacché,
stante la tecnicità della materia trattata, di rado erano oggetto di copiatura-
e delle Institutiones. Per il Digesto l’operazione fu più complessa: venne
recuperato in diversi manoscritti e la loro renovatio avvenne in tempi diversi:
dapprima Irnerio mise le mani sui libri da 1 a 24 (Digestum
Vetus);
successivamente ricostruì i libri da 39 a 50 (Digestum
Novum); ed infine i
restanti libri, che presero il nome di Infortiatum.
Per le Novellae al problema dell’ottica
parziale -poichè sintetica- dell’Epitome
Iuliani si sommava il fatto che la copiatura delle costituzioni scritte in
greco in Occidente era stata, fin da subito, tralasciata in quanto
incomprensibile. A ciò si aggiunga che l’autenticità del testo latino
dell’Authenticum venne, in un primo momento, posta in dubbio anche dallo stesso
Irnerio: sotto un primo ordine di ragioni l’autorità del testo venne criticata
per aver le Constitutiones presenti
al suo interno uno stile totalmente differente da quelle del Codex – ciò trova
la propria giustificazione nel fatto che le costituzioni del Codex vennero
inserite da Triboniano soltanto nella loro parte dispositiva-; dal punto di
vista contenutistico, invece, alcune costituzioni dell’Authenticum intervenivano
in modifica di norme contenute nel Codice, ponendosi in contrasto con la
ricordata dichiarazione di completezza fatta da Giustiniano all’atto di
promulgazione del Codex.
Venne, comunque, portato a compimento
l’ultimo volume dell’opera irneriana, nel quale confluirono anche le Novelle
nella versione dell’Authenticum – ad eccezione di quelle greche, che dunque
lasciano una lacuna nel lavoro di ricostruzione-, e i Tres Libri: il Volumen Parvum.
La vera innovazione di questa operazione
consiste nel fatto che alla restituzione ai Libri Giustinianei del loro “volto
originale” corrisponde un radicale mutamento di tendenza: non è più
l’utilizzatore colui al quale è demandato il compito di decidere quali norme
prendere in considerazione e quali no, nella prospettiva soggettiva
dell’utilità pratica di dette norme: è il legislatore che ha il più ampio
potere di imporre un sistema normativo completo e coordinato fatto di norme aventi tutte
identico valore di legge.
A fronte di questo quadro imposto dall'alto, si sviluppa uno
studio didattico delle norme di legge, caratterizzato dalla fede del giurista
nella completezza della legislazione. Esso consiste in un'opera di confronto e coordinamento
delle leggi, e di soluzione delle molte contraddizioni. È proprio grazie alle
contraddizioni che si sviluppa la dialettica scolastica, impegnata a conciliare
norme formalmente tutte vigenti grazie all’indagine sulle rationes. Lo strumento di
coordinamento delle norme utilizzato dai primi studiosi dei rinnovati testi
giustinianei è la glossa, aggiunta a
margine e a piè di pagina.
L’atteggiamento del giurista nei
confronti del fenomeno della compilazione è confortato dal “sistema dei cerchi
concentrici” del diritto, il quale, permette allo studioso di colmare le
apparenti lacune e trovare la ratio in norme apparentemente ingiuste:
- Ius
naturale: rappresenta quel
complesso di situazioni costituenti quella che, in generale, può essere
definita normativa naturalmente insita nelle cose, che sono portatrici di una
giustizia naturale, in attesa di essere resa esplicita dalle regole umane.
Es.: filiazione.
-
Ius gentium: è il diritto delle
genti, che rispecchia l’equilibrio che risiede nella natura qualificandolo come
questo o quell’istituto giuridico. Perciò istituisce principi comuni a popoli che
vivono in diversi regimi politici. Alcune norme umane precisano alcuni
principi naturali, ma essendo comuni a tutte le genti à condivise da
tutti.
- Ius
civile: la civitas, che
costituisce il regime politico unitario da cui dipende il ius civile, prevede
un sistema di giustizia regolato dalle azioni, dalle eccezioni e dalla
procedura. Questo elemento qualifica ulteriormente gli istituti, garantendo la
tutela dei diritti.
Il ius civile ha un istituto
fondamentale non presente nei primi due sistemi: il processo e le actiones, i
quali consentono al singolo, all’interno della civitas, di chiedere e ottenere
giustizia, giacché è solo l’actio che qualifica, formalmente, il diritto.
L’actio, tuttavia, è un istituto formale
e può, in quanto tale peccare di poca elasticità alle esigenze di giustizia del
caso concreto. Pertanto, già nel diritto romano classico la rigidità dell’actio, della formula, poteva essere attenuata grazie ai rimedi,
generalmente le exceptiones, forniti
dal pretore nel caso in cui la mera forma avesse creato una sostanziale
ingiustizia.
Sulla scorta di questa bipartizione azione-eccezione
corrispondente al binomio forma-sostanza, la scolastica medievale, improntata allo studio sistematico delle
rationes e dei principi ordinatori
del’ordinamento giuridico, costruì, sulla scorta delle causae aristoteliche, la
teoria della causa naturale e della causa civile. In ogni rapporto giuridico, infatti,
sono sempre presenti due cause, l’una civile e formale e l’altra naturale e
sostanziale, rispondente ai principi di giustizia naturale, ai principi cioè di
aequitas. La loro congiunzione
produce gli istituti del Corpus. Ogni norma dell’imperatore, nella visione
della nuova scienza giuridica, doveva contenere un’aequitas; compito del giurista era, dunque, quello di capirla ed
estrapolarla mediante la messa a confronto di norme apparentemente discordanti.
Questo modo di concepire il diritto come unum di
per sé già completo e inattaccabile, può entrare in crisi o quantomeno in conflitto con il precetto religioso da esso
discordante.
I glossatori civilisti trovarono,
sovente, soluzioni opposte ai problemi prospettati da tale contrasto norma
laica- precetto religioso. Un chiaro esempio è rinvenibile nei dibattiti dottrinali di Bulgaro e
Martino – due dei quattro dottori, allievi di Irnerio, insieme a Iacopo e Ugo- che furono raccolti nelle cd “dissentiones dominorum” , a cura dei
loro allievi. Ad esempio, oggetto di discussione fu la possibilità, per la categoria
privilegita dei minorenni, di recedere da un giuramento in cui l’oggetto della
prestazione giurata non sia equilibrato. Secondo la teoria di Bulgaro un simile giuramento può essere
disatteso senza commettere alcun sacrilegio in quanto la formalità ha
rafforzato un’obbligazione nulla, in quanto nullo ne era l’oggetto. Martino, invece, espone la teoria
opposta della vincolatività di un simile giuramento – che non a caso prende il
nome latino di sacramentum – in
quanto suggellato una volta per tutte dall’intervento divino. Protende, infine,
per quest’ultima tesi della vincolatività in ogni caso dei giuramenti anche lo
stesso imperatore Federico Barbarossa nella costituzione Sacramenta puberum.
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6 commenti:
Gennaio?
Professore mi scusi, non ho ben chiaro un concetto. Leggendo il libro quando tratta del diritto civile contrapposto a quello naturale (mi riferisco alle pag. 269 e seguenti all'incirca) mi sembra di capire che questa contrapposizione benchè potrebbe richiamare il connubio dell'utraque lex di Pepo in realtà se ne discosta perché diversi sono i "contenuti" del diritto naturale, ossia che per Pepo il diritto naturale rappresentava in un certo qualmodo la lex divina, mentre da Irnerio in poi quando si fa riferimento al diritto naturale bisogna prendere in considerazione il concetto di equitas come contrapposto a quello del rigor iuris. E' giusto o mi sfugge qualche passaggio?
Salve professore. Sto studiando dal libro, e volevo chiederLe se alcuni argomenti che non ha trattato a lezione vadano studiati o meno, in relazione a quel discorso riguardo la moltitudine di nozioni presenti riguardo questo argomento sul libro. Mi riferisco ai paragrafi: 6, 8, 10.
La ringrazio anticipatamente per la risposta.
Di questi due commenti è meglio il primo. Non si tratta di "cosa devo studiare", ma di "come devo studiare". E' un'ottima idea porre domande per capire meglio quel che dice il libro e perché lo dice.
Dunque: la differenza fra il diritto naturale/divino di Pepo e il diritto naturale di Bulgaro si riassume in un'immagine: per Pepo vi sono norme "naturali" che Dio ha posto al di fuori del Corpus Iuris Civilis. Dunque quando si crea un conflitto fra questi principi e il diritto di Giustiniano, è sempre Giustiniano che deve soccombere. Il teologo-giurista, dunque, esercita un controllo sulle norme positive (cioè poste dal legislatore) e può giungere a dire che se sono contrarie all'equità naturale può "pestarle sotto i piedi" (così le Exceptiones Petri). Invece la scienza giuridica che si afferma a Bologna, consolidata nella figura di Bulgaro, parte dall'idea che il legislatore imperiale abbia svolto la funzione di trasformate l'equità (che è astratta) in giustizia, dandole forma scritta con le leggi. Perciò il giurista deve cogliere l'equità all'interno delle norme del Corpus Iuris, perché anche se apparentemente contrastano cpn alcuni principi esterni (soprattutto religiosi), in esse non possono contrastare con l'equità. Dunque il giurista della scuola di Bologna cerca l'equità dentro le norme del Corpus Iuris, mentre Pepo è il capostipite di una tendenza, che diventerà poi minoritaria ma non si estinguerà ,mai, che contrappone il mondo del diritto scritto a una equità superiore che non si trova dentro di esso. In questo senso l'utraque lex considera coesistenti due complessi di regole che possono collaborare ma restano divisi.
La ringrazio, ora mi è più chiaro il concetto.
Gentilissimo prof. come da lei richiesto ho provato a inviarle la registrazione di oggi via mail, se non dovesse arrivare domani penserò ad altri modi per fargliela avere.
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