martedì 17 ottobre 2017

Lezione del 16 ottobre 2017

Vedi anche lezione 11 ottobre 2016 con video

Con l’avvento di Giustiniano si assiste ad un’altra grande trasformazione delle fonti del diritto romano classico, culmine delle due, solo in apparenza confliggenti, tendenze alla semplificazione delle strutture societarie e giuridiche descritte nelle lezioni precedenti.
Salito al trono d’Oriente nel 527, Giustiniano si prefisse lo scopo di rinnovare l’impero mediante un triplice intervento, i cui effetti immediati si rivelarono, tuttavia, fallaci o effimeri a causa della sproporzione di tale programma rispetto ai mezzi a disposizione dell’imperatore, la cui personalità e le cui opere si collocano in una posizione di controtendenza, quasi di anacronismo.
1.Riconquista dei territori dell’impero in Occidente.
Con una serie di campagne militari Giustiniano riuscì riconquistare le terre -Africa del nord e penisola italiana - sottrattegli dai Vandali e dagli Ostrogoti di Teoderico. In Italia, in particolare, a seguito della riconquista, venne promulgata “su richiesta di papa Virgilio” la compilazione giustinianea la cui pubblicazione sicuramente contribuì alla conservazione dei manoscritti dell’epoca – v. Pandette Fiorentine. La reale applicazione del diritto giustinianeo, tuttavia, restò di fatto nulla in una società così semplificata come era quella italiana del VI secolo.
2.Pacificazione della Chiesa, nell’ottica di rafforzare il potere temporale attraverso l’unitarietà del credo e della divinità. La gerarchia piramidale religiosa riflette la complessità del mondo imperiale, con le sue magistrature facenti capo all’imperatore. Entrambe le strutture contribuiscono alla coesione delle comunità locali. Anche la politica religiosa di Giustiniano risultò, tuttavia, un grande fallimento: l’unità di credo non fu mai raggiunta, ed anzi varie eresie continuarono a confrontarsi anche dopo la morte di Giustiniano.
3. Risistemazione delle fonti del diritto e intervento nella formazione dei giuristi:
  • Giustiniano, appena salito al trono, ordina ad una commissione imperiale presieduta dal giurista Triboniano la compilazione di un Codex (529 che, sul modello di quello Teodosiano, contenesse tutte le leggi fino ad allora vigenti. La particolarità di questo lavoro risiede nel fatto che non si tratta di una compilazione mera ma di una vera e propria ri-promulgazione che intervenne sulle norme che lo esigevano rimaneggiandole e riadattandole.
  • La risoluzione di tutti gli eventi, trattati o nuovi che siano, deve trovare la propria disciplina all’interno del Codice che dunque assurge a canone di completezza di tutte le fonti vigenti. La parte più significativa di tali fonti è costituita dai rescripta, risposte dell’imperatore ai casi concreti prospettatigli, la cui soluzione era tuttavia suscettibile di applicazione analogica “a tutti i casi simili”, grazie alla spiegazione della regola generale sottesa alla risposta.
  • I lavori della commissione continuarono dando alla luce, nel 533 il Digesto, un’opera antologica divisa in 50 libri, contenente frammenti tratti dalle opere dei giureconsulti classici, riordinati sistematicamente, secondo la materia. Questo tipo di fonte fornisce il tessuto logico che tiene insieme l’apparato normativo. Permane virtualmente il paradigma leges- jura, tuttavia, il Digesto, grazie alla promulgazione, ha lo stesso valore normativo dei testi del Codex.
  • Contemporaneamente al Digesto, la commissione imperiale lavora ad un altro progetto, le Institutiones, un libro di testo per gli studenti di diritto esemplato sul modello di Gaio. Esse contengono una serie di elementi classici non più utilizzati al tempo di Giustiniano ma che sono in grado di fornire le linee guida per la comprensione di tutto il sistema.
  • Nel 534, a causa dell’ingente produzione legislativa successiva alla prima pubblicazione del Codice, ne viene pubblicata una seconda edizione denominata Codex repetitae praelectionis contenente una seconda dichiarazione di completezza. Il nuovo codice, per l’imperatore, dovrebbe essere un testo completo atto a regolare tutte le fattispecie concrete. Al tempo stesso, però, Giustiniano si dice consapevole che la natura è in eterno mutamento e che potrebbero riscontrarsi fattispecie mai disciplinate prima. La loro risoluzione, tuttavia, non potrà più essere demandata ad un procedimento logico di analogia iuris ma sarà lo stesso imperatore, lex animata in terris, a dover intervenire per disciplinare anche queste ultime.
  • La raccolta di Novellae, pertanto, racchiude tutte le leggi promulgate da Giustiniano dopo la seconda pubblicazione del Codex. È un libro aperto destinato a contenere tutta la nuova produzione legislativa, la quale, tuttavia, molto spesso non disciplina fatti realmente nuovi ma si limita a rimaneggiare istituti preesistenti.
La prima reazione al Corpus Juris Civilis fu, però, negativa. La diffusione e l’applicazione dell’enorme complesso normativo furono difficili e, di fatto, fallaci. Le citazioni del Codex e del Digesto di epoca immediatamente successiva sono scarse, pressoché nulle. Più fortuna ebbero le Novelle giacché la più gran parte di esse contiene norme sulla disciplina e l’organizzazione delle chiese e, dunque, meglio si prestò alla copiatura da parte degli enti ecclesiastici. Esse vennero addirittura semplificate e riassunte nella nota Epitome Iuliani e tradotte – parola per parola- in latino prendendo il nome di Authenticum.
In quest’epoca, inoltre, si assiste ancor più da vicino a quel fenomeno di volgarizzazione sostanziale per cui i principi del diritto romano classico divennero sempre più distinti da quelli del diritto di fatto praticato.
A cura di Chiara Casuccio


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