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Con l’avvento di Giustiniano si assiste ad un’altra grande trasformazione delle fonti del diritto romano classico, culmine delle due, solo in apparenza confliggenti, tendenze alla semplificazione delle strutture societarie e giuridiche descritte nelle lezioni precedenti.
Con l’avvento di Giustiniano si assiste ad un’altra grande trasformazione delle fonti del diritto romano classico, culmine delle due, solo in apparenza confliggenti, tendenze alla semplificazione delle strutture societarie e giuridiche descritte nelle lezioni precedenti.
Salito al trono d’Oriente nel 527,
Giustiniano si prefisse lo scopo di rinnovare l’impero mediante un triplice
intervento, i cui effetti immediati
si rivelarono, tuttavia, fallaci o effimeri a causa della sproporzione di tale
programma rispetto ai mezzi a disposizione dell’imperatore, la cui personalità
e le cui opere si collocano in una posizione di controtendenza, quasi di
anacronismo.
1.Riconquista dei territori dell’impero
in Occidente.
Con una serie di campagne militari
Giustiniano riuscì riconquistare le terre -Africa del nord e penisola italiana
- sottrattegli dai Vandali e dagli Ostrogoti di Teoderico. In Italia, in
particolare, a seguito della riconquista, venne promulgata “su richiesta di
papa Virgilio” la compilazione giustinianea la cui pubblicazione sicuramente
contribuì alla conservazione dei manoscritti dell’epoca – v. Pandette Fiorentine. La reale
applicazione del diritto giustinianeo, tuttavia, restò di fatto nulla in una
società così semplificata come era quella italiana del VI secolo.
2.Pacificazione della Chiesa, nell’ottica
di rafforzare il potere temporale attraverso l’unitarietà del credo e della
divinità. La gerarchia piramidale religiosa riflette la complessità del mondo imperiale,
con le sue magistrature facenti capo all’imperatore. Entrambe le strutture
contribuiscono alla coesione delle comunità locali. Anche la politica religiosa
di Giustiniano risultò, tuttavia, un grande fallimento: l’unità di credo non fu
mai raggiunta, ed anzi varie eresie continuarono a confrontarsi anche dopo la
morte di Giustiniano.
3. Risistemazione delle fonti del
diritto e intervento nella formazione dei giuristi:
- Giustiniano, appena salito al trono, ordina ad una commissione imperiale presieduta dal giurista Triboniano la compilazione di un Codex (529) che, sul modello di quello Teodosiano, contenesse tutte le leggi fino ad allora vigenti. La particolarità di questo lavoro risiede nel fatto che non si tratta di una compilazione mera ma di una vera e propria ri-promulgazione che intervenne sulle norme che lo esigevano rimaneggiandole e riadattandole.
- La risoluzione di tutti gli eventi, trattati o nuovi che siano, deve trovare la propria disciplina all’interno del Codice che dunque assurge a canone di completezza di tutte le fonti vigenti. La parte più significativa di tali fonti è costituita dai rescripta, risposte dell’imperatore ai casi concreti prospettatigli, la cui soluzione era tuttavia suscettibile di applicazione analogica “a tutti i casi simili”, grazie alla spiegazione della regola generale sottesa alla risposta.
- I lavori
della commissione continuarono dando alla luce, nel 533 il Digesto, un’opera antologica
divisa in 50 libri, contenente frammenti tratti dalle opere dei
giureconsulti classici, riordinati sistematicamente, secondo la materia.
Questo tipo di fonte fornisce il tessuto logico che tiene insieme
l’apparato normativo. Permane virtualmente il paradigma leges- jura, tuttavia, il Digesto,
grazie alla promulgazione, ha lo stesso valore normativo dei testi del
Codex.
- Contemporaneamente
al Digesto, la commissione imperiale lavora ad un altro progetto, le Institutiones, un libro di testo
per gli studenti di diritto esemplato
sul modello di Gaio. Esse contengono una serie di elementi classici non
più utilizzati al tempo di Giustiniano ma che sono in grado di fornire le
linee guida per la comprensione di tutto il sistema.
- Nel 534, a
causa dell’ingente produzione legislativa successiva alla prima
pubblicazione del Codice, ne viene pubblicata una seconda edizione denominata
Codex repetitae praelectionis contenente
una seconda dichiarazione di completezza. Il nuovo codice, per
l’imperatore, dovrebbe essere un testo completo atto a regolare tutte le
fattispecie concrete. Al tempo stesso, però, Giustiniano si dice
consapevole che la natura è in eterno mutamento e che potrebbero
riscontrarsi fattispecie mai disciplinate prima. La loro risoluzione,
tuttavia, non potrà più essere demandata ad un procedimento logico di analogia iuris ma sarà lo stesso
imperatore, lex animata in terris,
a dover intervenire per disciplinare anche queste ultime.
- La raccolta
di Novellae, pertanto,
racchiude tutte le leggi promulgate da Giustiniano dopo la seconda
pubblicazione del Codex. È un libro aperto destinato a contenere tutta la
nuova produzione legislativa, la quale, tuttavia, molto spesso non
disciplina fatti realmente nuovi ma si limita a rimaneggiare istituti
preesistenti.
La prima reazione al Corpus Juris
Civilis fu, però, negativa. La diffusione e l’applicazione dell’enorme
complesso normativo furono difficili e, di fatto, fallaci. Le citazioni del
Codex e del Digesto di epoca immediatamente successiva sono scarse, pressoché
nulle. Più fortuna ebbero le Novelle giacché la più gran parte di esse contiene
norme sulla disciplina e l’organizzazione delle chiese e, dunque, meglio si
prestò alla copiatura da parte degli enti ecclesiastici. Esse vennero
addirittura semplificate e riassunte nella nota Epitome Iuliani e tradotte – parola per parola- in latino prendendo
il nome di Authenticum.
In quest’epoca, inoltre, si assiste
ancor più da vicino a quel fenomeno di volgarizzazione
sostanziale per cui i principi del diritto romano classico divennero sempre
più distinti da quelli del diritto di fatto praticato.
A cura di Chiara Casuccio
A cura di Chiara Casuccio
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