Lezione 21.11.2017
Il Duecento si configura come il secolo che
porta al consolidamento di tutte quelle dinamiche nate nel corso dei decenni
precedenti e che innovano il mondo del diritto. Al centro della storia del
diritto si colloca la scientia iuris e stando a quanto sostenuto da
Francesco Calasso gli anni di ius commune sono caratterizzati proprio da
questa forte dialettica tra giuristi e legislatore. Per Calasso ciò che accade prima della nascita
della scuola di Bologna è una
sorta di avvento: una preparazione alla nascita della scienza del diritto.
Abbiamo visto che nella scuola di Modena vi
era una netta prevalenza della dialettica sull’approccio esegetico dei testi giuridici come si è potuto comprendere guardando
al modello metodologico proposto da Pillio. Questo fermento culturale interessa
anche la scuola di Bologna e decreta la chiusura dell’età dei
glossatori per passare all’epoca
dei commentatori. L’età dei glossatori si conclude con
la redazione dell’apparato
di glosse realizzato da Accursio nel 1240-1250.
Il giurista più importante di questo periodo è Azzone (maestro di Accursio) che inizia ad insegnare nel
1190 e muore, probabilmente, nel 1230. E’ un maestro integralmente bolognese ed è stato il più importante non solo per la
profondità della sua
dottrina (era capace di essere conciso e profondo allo stesso tempo), ma anche
perché viene citato come
maestro da tantissimi giuristi (anche canonisti come il cardinale Ostiense).
Azzone realizza un’operazione
molto interessante perché importa
a Bologna molti generi letterari nati nelle scuole minori (Summae, quaestiones
e brocarda). Scrive, infatti, una raccolta di quaestiones, una
raccolta di brocarda ma soprattutto le summae (alle istituzioni
ed al codice) che ebbero un grandissimo successo. Questi lavori possono essere
considerati dei veri e propri trattati che riescono perfettamente a mobilitare
i vari passi del corpus. La Summa viene pubblicata intorno al 1210 e
viene copiata in tantissimi manoscritti (oggi
ne rimangono più di
settanta). La versione più diffusa
è una raccolta contenente
le due summae e poi delle
aggiunte che Azzone fece per coprire tutte le materie del diritto di
Giustiniano (le summulae Digestorum). La fortuna della summa azzoniana
si concretizza in circa quattro secoli di fortuna editoriale (sino al 1650 ca).
Azzone ha però prodotto
anche apparati di glosse non andati a stampa perché il suo allievo Accursio li ha presi, rielaborati e li ha
pubblicati a suo nome come apparato ordinario. Anche l’apparato di Accursio ebbe un successo straordinario ma non
tanto per la limpidezza di pensiero, quanto piuttosto perché egli fu non solo professore ma
anche editore, funzione che gli permise di monopolizzare a lungo la diffusione
del sapere giuridico (Accursio costruisce un’officina che distribuisce i modelli da copiare).
Un altro elemento fondamentale di questo
periodo è la commistione
della filosofia aristotelica con il diritto romano che rappresentano le due
grandi “riemersioni” di questo periodo visto che la
filosofia aristotelica è funzionale
alla comprensione del diritto.
Punto fondamentale è il concetto di causa. (Boezio volgarizzando
Aristotele aveva detto che conoscere vuol dire sapere qualcosa attraverso le
sue cause). Trattando della riforma gregoriana, abbiamo visto che una sua caratteristica
saliente è stata l’insistenza sull’auctoritas del legislatore
ecclesiastico: la proposizione emanata dal legislatore aveva una sostanza
diversa dalle altre proposizioni, perché è espressione della volontà
costitutiva dell’autorità legiferante. Dunque, per conoscere la
forza normativa della legge occorre applicare alla proposizione normativa la
logica aristotelica, per distillare la volontà del legislatore. Già
i primi glossatori, tramite il ricorso al casus legis, iniziano a
chiedersi cosa induca il legislatore ad emanare una determinata norma (la causa
efficiente) ma ciò che
davvero ha importanza è la
causa finale ossia l’individuazione
del bene giuridico che il legislatore intende tutelare. La causa finalis è dunque la ratio legis.
Estraendo dei principi generali dalle disposizioni del legislatore è possibile applicarli in via
analogica ad altre fattispecie. Una norma (non giustinianea) è iusta in quanto il
giurista ne sappia rilevare la conformità ai principi di diritto romano (in
fondo è lo stesso
procedimento che aveva adottato Pillio nello studio dei libri feudorum).
Questa identificazione della forza della norma intesa come la giustizia
perseguita dal legilsatore, consente poi di applicare in via analogica la
stessa ratio ad altri casi non
espressamente previsti. Un procedimento che consente di trattare giuridicamente
una serie di materie che Giustiniano non aveva disciplinato. Esso si sviluppa
prima e maggiormente in àmbito
civilistico dal momento che il diritto canonico ha un legislatore vivo ed
autorevole (il papa). Questa lavoro della scienza del diritto è fondamentale per poter
armonizzare la luralità di
fonti vigenti, in questi anni che la storiografia ha definito come anni dello ius
commune. Il sistema di diritto
comune è un sistema all’interno del quale le varie
fonti normative sono tra loro coordinate sulla base delle rationes (la
scienza riesce ad astrarre la giustizia dalle fonti romane al fine di
applicarle alle altre).
Una conseguenza dell’adozione di questa
prospettiva è rappresentata
dalla diffusione (al posto di glosse e summe) del metodo della lectura che
è un testo molto lungo,
chiamato anche commentario, che analizza ogni singola legge e dedica spazio
alla spiegazione della ratio legis. Dopo Accursio, la lectura è il metodo più usato, e perciò gli storici del diritto hanno
diviso i giuristi civilisti in glossatori (sino ad Accursio) e commentatori
(dopo Accursio). Un’importante
caratteristica dei commenti è che
sono delle vere opere di diritto comune perché non trattano solo di diritto romano ma fanno riferimento
anche agli statuti ed al diritto regio, coordinato con il diritto giustinianeo.
Si nota come la maturità della
scienza giuridica sia molto cresciuta ed sia ormai in grado di includere in un
solo grande sistema tutta la ricchezza normativa del XIII secolo.
Tale ricchezza normativa è collegata alla nascita ed al
proliferare dei comuni e delle varie autonomie locali che si configurano, in un
primo momento, come congregazioni di famiglie che si riuniscono nei territori delle
antiche città romane e
costituiscono delle dimensioni autonome in grado di garantire la giustizia in
contrapposizione a quella anarchia feudale di cui si è trattato. La struttura dei comuni ruota principalmente
intorno all’amministrazione
della giustizia dato che il processo è
l’unico sistema in
grado di evitare conflitti e mantenere la pace sociale. I consoli iniziano ad
amministrare questa giustizia in nome della comunità ed a tal proposito iniziano ad essere redatti degli statuti
in grado di disciplinare vari àmbiti
del diritto. Questo fiorire di legislazioni locali si affianca sia alla
rinascita del diritto romano sia al sorgere della consapevolezza della Chiesa
della sua dimensione normativa. Questa molteplicità di fonti del diritto coincide con una grandissima fioritura
economica delle città italiane
e della Francia meridionale. Proprio per questo si verificarono gli sconti tra
i comuni e l’imperatore
Federico Barbarossa (che chiedeva il pagamento di tasse l’amministrazione in suo nome
della Giustizia). Questi scontri portarono alla nascita della lega lombarda,
alla battaglia di Legnano del 1176 ed alla promulgazione della cc.dd. Pace di
Costanza, una costituzione del Barbarossa tramite cui l’imperatore concede ai comuni quelle che lui definisce consuetudines.
Alla fine del XII secolo si configura
chiaramente tale pluralismo di poteri: da una parte l’impero dall’altra
i comuni sempre più importanti
e ricchi ma lacerati da violente e continue lotte intestine. Per limitarle
viene istituita la figura del podestà
che rimaneva in carica per poco tempo (6 mesi o un anno), era sempre
forestiero ed il suo operato veniva valutato alla fine del suo mandato tramite
un sindacato. Questi podestà
spesso per non sbagliare chiedono dei consilia ai giuristi più importanti i quali scrivono
dei pareri tenendo conto tanto dello statuto vigente quanto del diritto romano.
L’attività del giurista è di coordinamento tra i
principi generali ed i singoli diritti particolari e proprio in questo senso
Francesco Calasso guardava alla scienza del diritto come il fulcro di questo
periodo. Il sistema di diritto comune che caratterizza dal ‘200 al ‘400 è definito
classico e si manifesta attraverso un intenso dialogo tra legislatore,
interprete e giudice.
A cura di Marta Cerrito
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