Si è visto come, nel Seicento, gli
intellettuali si siano preoccupati di porre al centro del fenomeno giuridico
non più il giurista ma il potere “politico” dal momento che il diritto è
concepito come una grande infrastruttura del potere pubblico. Questa
trasformazione del diritto è legata alla trasformazione della società che nel
Medioevo era “fluida” e che invece in età moderna è fondata sulla divisione in ceti e vede lo Stato come
apparato centrale. Questa struttura sociale sarà profondamente criticata nel periodo illuminista
soprattutto da esponenti quali Voltaire.
In Italia sono da ricordare Gianvincenzo
Gravina e Ludovico Antonio Muratori che possono essere definiti illuministi.
Gravina
propone un ritorno alle origini classiche (idea tipicamente illuminista) che si
inserisce perfettamente nell’idea di semplificazione e razionalizzazione del
sistema giuridico. Gravina lavora tra Napoli e Roma (come De Luca) e si dedica
quasi esclusivamente alla teoria del diritto ed appartiene al mondo accademico.
Dal momento che l’università era rimasta profondamente ancorata
all’insegnamento medievale nacquero molte accademie per favorire un
insegnamento ed una pratica al passo con i tempi (questo in ogni branca del
sapere).
Muratori nel
1742 pubblica un libro che esprime questa profonda insoddisfazione nei
confronti del diritto che si chiama “Dei difetti della Giurisprudenza” che si
interessa tanto dell’àmbito giurisprudenziale quanto di quello normativo.
Muratori però, più che come giurista, è famoso ed importante come storico delle
istituzioni italiane medievali ed ebbe il merito di riportare in luce il
Medioevo (vd. strutture comunali). La figura di Muratori è interessante come
esempio del rapporto che intercorre tra storia e diritto nel senso che per
poter (ri)costruire il diritto è necessario conoscerne la storia e saper
ritornare alle origini del fenomeno giuridico. Questo è vero specialmente per
il diritto pubblico: mentre Muratori lavora a Modena, in Germania Justus Henng
Böhmer scrive che il diritto pubblico tedesco non è altro che la storia della
Germania.
Un’altra tematica interessante è quella
legata al diritto penale. Dal punto di vista sociologico si rileva che vi sono,
a partire dal ‘500, una serie di legislazioni criminali che sono particolarmente
severe e contengono norme palesemente sproporzionate al reato cui si
riferiscono. A fronte di tale severità faceva, però, riscontro un larghissimo
ricorso a grazie e rinvii delle pene. Il penale, dunque, diviene una forma di
manifestazione della sovranità che, come dirà poi Schmitt, si manifesta nel
momento in cui deroga alla norma. Il diritto criminale è oggetto di numerosi
trattati ad opere di giuristi specializzati tra i quali ricordiamo Giulio
Claro, Tiberio Deciani e Prospero Farinacci. I criminalisti scrivono le cc.dd. Practicae
destinate alla prassi. Deciani è importante perché è il primo
giurista a pensare ad una parte generale del diritto penale premessa alla parte
speciale.
Se si parla della legge occorre
sottolineare come il legislatore solo in età moderna affermi la sua centralità.
Jean Bodin appartiene alla seconda generazione di giuristi appartenenti alla
corrente del mos gallicus ed è molto famoso per la sua opera del 1576 Les
six livres de la République nel senso di res publica (cosa
pubblica). Si dice che Bodin sia uno dei principali teorici dell’assolutismo e
vede il sovrano come rappresentante dello Stato. La legge non è altro che la
voce dello stato e deve essere vista come una voluntas in grado di
obbligare.
Da ricordare anche Charles Dumoulin che
scrive una raccolta di consuetudini di Parigi con tanto di apparato di glosse
che, però, non costituisce l’ennesima raccolta privata ad uso dei pratici,
quanto piuttosto un chiaro atto di appropriazione da parte del potere pubblico
di queste consuetudini e conseguente incremento dell’autorità sovrana che
inizia a controllare questa normatività dal momento che il sovrano ne aveva già
chiesto la redazione di una raccolta ufficiale [il termine consuetudo
non è usato in senso tecnico ma le consuetudine si intendono come norme
promulgate da apparati locali]. Questo fenomeno è collegato al discorso legato
al controllo della legislazione ed al progressivo fenomeno di monopolizzazione
del fenomeno normativo.
Il più importante teorico dell’assolutismo
è Thomas Hobbes che scrive nel periodo della gloriosa rivoluzione che porterà –fra
l’altro – all’affermazione del principio della c.d. Rule of Law. Nel Leviatano
Hobbes propone questa visione assolutista secondo cui non è il sovrano ad
essere depositario del potere quanto piuttosto lo Stato ed il sovrano rappresenta e costituisce
l’insieme della popolazione (vd. frontespizio).
Nel tardo Seicento iniziano a nascere una
serie di compilazioni legislative che non solo non hanno l’ambizione di disciplinare
tutte le parti del diritto ma soprattutto prevedono sempre la possibilità di
esser eterointegrate. La Francia è tra le prime ad inaugurare un periodo di
razionalizzazione del diritto soprattutto durante il regno di Luigi XIV fautore
di un grandioso processo di centralizzazione. Vi sono tre importanti Ordonnances
(che sono dei proto-codici): nel 1667 si occupa della giustizia e della
procedura; nel 1670 si occupa di diritto criminale (non era la prima
codificazione penale, visto che nel 1532 Carlo V aveva emanato un codice
criminale per Germania) e nel 1673 emana un’ordonnance relativa al
diritto commerciale che in questo periodo non era considerato una branca del
diritto privato quanto piuttosto un oggetto di diritto pubblico in relazione
alla funzione dello stato come fornitore di infrastrutture ed alle regole che
sovrintendono al buon funzionamento della cosa pubblica.
Anche in Italia avvengono dei casi analoghi
soprattutto nel regno Sabaudo. Il re promulga due costituzioni (Le costituzioni
di sua maestà). In relazione a questo periodo gli storici distinguono tra codificazione
e consolidazione. La prima attiene alla promulgazione di norme nuove
mentre la seconda indica le raccolte di testi promulgati singolarmente negli
anni precedenti che non codificano ma consolidano tutto il diritto (il modello
di consolidazione è la legislazione canonica). Dunque in questi anni ci si pone
il problema se abrogare o meno tutto il diritto precedentemente vigente.
Occorre sottolineare come sino al Code Napoleon (1804) ciò non avverrà poiché
si preferisce abrogare le singole norme in contrasto con le nuove norme
promulgate ed anche per quanto riguarda l’eterointegrazione essa inizierà ad
essere vietata solo con le codificazioni ottocentesche.
A cura
di Marta Cerrito
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