martedì 2 ottobre 2012

Potere e religione

Il principio del Medioevo è anche l'inizio di molte cose destinate a caratterizzare la civiltà occidentale. Una di queste è la precisazione istituzionale di due poteri, uno temporale e uno spirituale. Un dualismo che è ancora vivo oggi, e con il quale dopo 1700 anni il mondo si trova a fare i conti.
La definizione del dogma cristiano, che è condensato nel credo di Nicea e Costantinopoli (IV secolo), si svolge in questi decenni di crisi profondissima dell'Impero e nello stesso tempo di fondazione della società medievale. Le dottrine complicate sulla natura di Cristo si scontrano, provocano vere e proprie guerre, persecuzioni, esecuzioni. Provate a capire perché questo processo di unificazione del dogma è così grave e importante in questo periodo e cosa ha a che fare con la storia del diritto.

4 commenti:

Denysfrancesco ha detto...

Senza un dogma in cui credere, difficilmente una religione può attirare un gran numero di credenti e, dunque, difficilmente può esercitare un potere incisivo. Una volta determinato un dogma, o meglio, il dogma, sarà possibile gettare le basi di un ordinamento fondato sul credo religioso in questione. Nel caso in esame, il cattolicesimo, come unico potere spirituale, sarà in grado di legiferare e creare un vero e proprio diritto canonico. In ogni caso, qualsiasi credo dovrà fare i conti col potere temporale. In che rapporto si pongono questi due fondamentali poteri? Il problema principale, a mio avviso, riguarda l'interazione dell'ordinamento temporale con quello spirituale. Contravvenire ad una norma di uno dei due poteri, deve implicare una trasgressione anche nell'altro ordinamento, o si tratta di due poteri distinti anche sostanzialmente, oltre che formalmente? Ciò che è sicuro è che convissero per secoli, e per la Chiesa la determinazione del dogma assume fondamentale importanza, a costo di considerare eresia qualsiasi altra credenza (come successe con l'arianesimo). L'ordinamento spirituale fa presa sulle coscienze, in un momento (evidentemente) di grande crisi dell'Impero, il cui potere deve comunque far presa sul raziocinio umano. È dunque con la precisazione istituzionale dei due poteri che si potrà fondare una società medioevale, basata su un dualismo, mai abbandonato. Quindi, se si parla appunto di "società" medioevale (compresa la sua gestione, attraverso la quale si regolano i rapporti fra cittadini, e si influenzano nel profondo gli stili di vita), e se è vero che "ubi societas, ibi ius", l'evoluzione del potere spirituale, che ha dunque un effetto dirompente sulla società (intesa estensivamente), non può non essere di fondamentale importanza anche per la storia del diritto.

Denysfrancesco ha detto...
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LovingDaphne ha detto...
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Anonimo ha detto...

Il cattolicesimo, al contrario delle altre religione monoteiste, non può accettare una pluralità dottrinaria per vari motivi: innanzitutto rileva la vicinanza storica con l'epoca romana, la cui cultura era formata ad immagine del diritto, il quale era fermo e definito. La Chiesa per cui segue tale esempio in quanto nuova istituzione e cerca nell'unicità del dogma il proprio fondamento. Inoltre la teologia e il diritto hanno in comune la tecnica di indagine della realtà: entrambi inquadrano il reale in schemi astratti precedentemente definiti (figure giuridiche ex. proprietà; dogmi), al contrario di ciò che fanno le scienze naturali (ossia elaborare regole conseguenti all'osservazione del reale). Sia la Chiesa che lo Stato (romano ndr) sono poteri che vogliono appropriarsi del diritto di stabilire la verità e per questo guardano e insegnano a guardare la realtà da un punto di vista prettamente teologico o giuridico.