lunedì 10 ottobre 2016

Lezione 10/10/2016

Nel V secolo si assiste alla definitiva rottura con l’antichità quando l’unico grande impero, quello romano, cede il passo all’installazione di tanti, più o meno piccoli, centri di potere: i “regni”.
La storiografia tedesca del XIX secolo qualifica quest’epoca come l’epoca della “germanizzazione dell’Europa” o delle “invasioni barbariche”. Questa narrazione vede l'instaurazione di questi nuovi assetti istituzionali come il frutto di un’invasione di popoli aventi una radice etnica e culturale (e dunque anche giuridica) comune ed espressione di una sola “germanicità”.  La Scuola tedesca ha utilizzato questa narrazione al fine di trovare un presupposto storico all'identità del popolo tedesco. In questa prospettiva, l’idea di un diritto germanico comune, contrapposto a quello romano, acquista importanza sul piano operativo della legittimità delle norme giuridiche nazionali e degli istituti giuridici: essi tanto sono legittimi in quanto espressione di un comune sentire del popolo (Volksgeist). Questo spirito del popolo può essere conosciuto solo mediante un’indagine storica.

In questo contesto, la duplicità di legislazioni (ad es. Lex Visigothorum e Lex Romana Visigothorum) presente in molti dei regni romano-barbarici veniva spiegata dalla Scuola Storica in base al c.d. principio della personalità giuridica: le due leggi, cioè, si distinguerebbero quanto al popolo cui sono rivolte, l’una dovendo regolare i rapporti giuridici tra germani- “conquistatori” e l’altra i rapporti giuridici dei romani-“conquistati”.

Tutta questa narrazione comincia ad essere messa in dubbio dopo la Seconda Guerra Mondiale. Le recenti ricerche storiche, per lo più archeologiche, hanno infatti dimostrato come l’idea di una radice comune da cui discendono le varie popolazioni germaniche non sia supportata da fonti storiche attendibili. Esse hanno, inoltre, evidenziato come quelle che furono definite come “invasioni” non furono altro che l’instaurazione di nuovi assetti che una   società ormai in decadenza cercò di darsi per sopravvivere, demandando la detenzione del monopolio dell’uso della forza e, dunque, la sicurezza, a capi militari “foederati”. Entrando in crisi il concetto di “popolo germanico” entra, di conseguenza, in crisi l’idea di un unico diritto germanico comune. Più probabilmente la comunità, effettiva, di alcune consuetudini deriverebbe dall’esperienza comune di popoli nomadi.
Perciò la duplicità di legislazioni emanate dai sovrani di questi nuovi regni risponde ad un criterio diverso da quello della personalità del diritto. Analizzandone il contenuto, possiamo comprenderne la reale natura.
Prendiamo l’esempio dei Visigoti. Entrambe le leggi che promulgarono riflettono un processo di semplificazione (la cd. Volgarizzazione) della legislazione, che si determina in modi diversi:
- Per quanto riguarda la Lex Visigothorum si tratta di una semplificazione delle strutture degli istituti giuridici e delle procedure affinché questi possano essere adattati ai casi concreti di una società che è essa stessa “semplificata” (volgarizzazione sostanziale).
- la Lex Romana Visigothorum contiene, invece, un’antologia di testi giuridici romani (Codice teodosiano, Novellae, Istituzioni di Gaio, Pauli Sententiae, Codice Gregoriano, Responsa di Papiniano) sì da renderli più facilmente fruibili per il volgo (volgarizzazione formale).
Questa duplicità di legislazioni è espressione, dunque del dualismo di livelli degli ordinamenti giuridici. Vi sono, da un lato, norme speciali o particolari dettate dalla contingenza di un determinato territorio o momento storico e, dall’altro, norme aventi il carattere di “principi generali dell’ordinamento” che forniscono la base per l’interpretazione della norma speciale e per la regolazione delle fattispecie non regolate. Il rapporto tra le due legislazioni, tuttavia, non è quello di gerarchia ma di genere-a-specie dove, nel raro caso di conflitto, prevale la norma speciale in quanto espressione della contingenza.
Anche l’Editto di Teoderico, altro caso di volgarizzazione, incarna il dualismo appena descritto concretandosi in un adattamento dei principi dell’ordinamento romano ad una determinata realtà particolare (quella italiana).

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