venerdì 14 ottobre 2016

Lezione 12/10/2016

Anche la frammentazione in tanti Regna e la conseguente frammentazione giurisdizionale sono un aspetto non sottovalutabile della volgarizzazione, giacché si pongono come netta cesura rispetto all’ideale classico di universalismo del diritto romano.

L’addio definitivo al mondo classico può essere individuato nella “migrazione” del popolo longobardo al di qua delle Alpi nel 569, pochi anni dopo la morte di Giustiniano del 565.
Popolo di origine germanica, essi si erano stanziati dapprima in Pannonia (Ungheriaintrattenendo alcuni rapporti con l’impero che rimasero, tuttavia, superficiali. Il loro processo di “romanizzazione” fu, pertanto, meno incisivo rispetto ad altri popoli.
Lo stanziamento in Italia, sotto la guida del re Alboino, avvenne rapidamente e in maniera non omogenea, tralasciando le parti costiere della penisola. Sembra, tuttavia, che la necessità di assoggettarsi ad un re-condottiero sia stata avvertita dai Longobardi solo fin tanto che servì una figura di riferimento che li guidasse nelle campagne di conquista. Per il resto, il modo in cui la società era andata strutturandosi (già prima della discesa longobarda abbiamo visto la tendenza alla privatizzazione dei poteri pubblicipermise che il popolo in questione potesse organizzarsi in tanti ducati autosufficienti che non necessitavano, dunque, di una giurisdizione e burocrazia centrali per il governo del popolo (più che delle terre). La sovranità dei duces a capo di queste comunità autonome derivava la sua forza da legami di fedeltà tipici proprio degli eserciti romano-barbarici.

Le fonti scritte che testimoniano la vita e le usanze di questo popolo, però, non sono molte:

-          -Documenti conservati negli archivi delle chiese, e dunque orientati tutti nel medesimo senso di rispondere alle esigenze di certezza dei rapporti giuridici intercorsi tra i cittadini e gli enti ecclesiastici stessi;
-          -La “Storia dei Longobardi” di Paolo Diacono (780);
-        -  L’editto di Rotari;
-         - Alcuni scritti di Gregorio I Magno, papa, che ne critica immoralità e rozzezza (è proprio all’inizio della dominazione longobarda, tra l’altro, che il Papa, a cui di norma era demandato l’esercizio del potere spirituale, sentendosi in dovere di supplire alla mancanza di governo centrale in quanto “funzionario dell’impero romano”, cominciò per contingenze storiche ad esercitare di fatto anche un potere temporale sui territori caduti in decadenza).

Questa esiguità di fonti ha permesso alla ricordata Scuola Storica una libera e particolarmente svincolata dal dato storico interpretazione dell’Editto di Rotari quale paradigma del complesso di istituti caratterizzanti l’antico diritto germanico.
Secondo i germanisti, era innanzitutto il concetto di legge stessa che, presso i germani, veniva a differenziarsi rispetto a quello classico del diritto romano. Mentre la legge era, a Roma, un’imposizione dell’imperatore-legislatore ed espressione scritta della sua volontà (Quod principi placuit legis habet vigorem), l’Ewa, la legge germanica, sarebbe stata l’accordo tra il sovrano ed il popolo e dunque espressione diretta del Volkgeist.

Tale interpretazione viene criticata da Cortese svolgendo un’analisi filologica della parola utilizzata per indicare la cerimonia con cui venne promulgato l’editto: Gairethinx. Secondo la vecchia germanistica, in concordanza con i presupposti appena esposti, e riprendendo un vecchio racconto di Tacito, il gairethinx sarebbe stato una cerimonia mediante la quale il popolo in armi riunito in assemblea (thinx) approvava la legge battendo le lance (gaire) sugli scudi. Tuttavia, Cortese nota come la parola thinx sia la stessa utilizzata nell’editto per indicare i riti simili a quelli romani della mancipatio e dell’emancipatio degli schiavi. D’altro canto, sembra probabile che la radice della parola sia la stessa che nelle lingue germaniche indicherebbe la “cosa” (thing, eng. e ding, de. ). Thinx, allora, null’altro sarebbe che un negozio formale utilizzato per trasferire cose di grande valore. Stando così le cose, l'Editto stesso non fu un accordo tra il re ed il suo popolo ma un dono che egli concesse a quest’ultimo ricorrendo alla cerimonia rituale che suggellava la stabilità della donazione: la thinx, per l’appunto.

Per capire cosa spinse gli arimanni a chiedere al proprio re quest’Editto bisogna guardarne il contenuto. L’obiettivo principale di questa legge fu risolvere, comporre, le controversie, che spesso sfociavano in faide tra famiglie: le norme in esso contenute, infatti, rappresentano un sistema di semplificazione della faida. Esso contiene ad es. un “listino prezzi” delle varie offese.

È allora nella stessa ottica che la legge longobarda “stilizzò” lo scontro tra famiglie semplificandolo nel duello o, addirittura lasciando decidere “al caso”, come nelle ordalie. NB In realtà nel processo ordalico, nonostante le critiche da parte di alcuni ecclesiastici contemporanei, si ravvisa una forte presenza ed un forte condizionamento religioso: i principi del processo romano classico svaniscono di fronte ad una società in cui la presenza di Dio è avvertita come costante. Non ha più senso, in questa visione, mettere a confronto ed a contrasto due parti ma si affida l’intero processo decisionale alla volontà di Dio che si crede manifestarsi con segni esteriori. L’ordalia, tipico modo antigiuridico di risolvere una controversia, è quindi un altro esempio di allontanamento dalla mentalità giuridica classica.


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