mercoledì 23 novembre 2016

Cosa vi fa pensare questo sonetto di Cino da Pistoia?

A che, Roma superba, tante leggi
Di senator, di plebe, e degli scritti
Di prudenti di placiti e di editti,
Se ’l mondo come pria più non correggi?

Leggi, misera te!, misera, leggi
Gli antichi fatti de’ tuo’ figli invitti,
Che ti fêr già mill’Affriche et Egitti
Reggere; et or sei retta, e nulla reggi.

Che ti giova ora aver gli altrui paesi
Domato e posto ’l freno a genti strane,
S’oggi con teco ogni tua gloria è morta?

Mercè, Dio! chè miei giorni ho male spesi
In trattar leggi, tutte ingiuste e vane
Senza la tua che scritta in cor si porta.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ricorda molto "a Zacinto" di Ugo Foscolo. Molto bella.

Anonimo ha detto...

Sembrerebbe un sonetto nostalgico nei confronti dell' antica gloria di Roma e del suo diritto apparentemente svanito secondo Cino da Pistoia; sopraffatto da "leggi tutte ingiuste e vane", che si conclude però con l'esaltazione in fondo del riconoscimento dell'immortalità della sua influenza, che tutt'ora "in cor si porta". Cos'altro aspettarci del resto da un "ristoratore" del diritto romano.

Anonimo ha detto...

bravi