L’età del diritto comune maturo è
caratterizzata dalla complessità del fenomeno giuridico e coesistenza di
molteplici complessi normativi, coordinati tra loro alla luce dei principi
generali.
L’arco temporale che va dagli inizi del
‘300 alla fine del ‘400 è un periodo di grande rinnovamento, caratterizzato da
innovazioni culturali e politiche che riversarono quasi immediatamente i propri
effetti sul piano giuridico.
La prima di tali trasformazioni riguarda
la costituzione ed il potenziamento dei cd “grandi tribunali centrali” i quali
ricevono un’organizzazione diversa rispetto al passato e diventano importanti
fonti di coordinamento e “razionalizzazione” del diritto.
Il prototipo di detti tribunali è
rappresentato è la Sacra Rota che, istituita durante il periodo avignonese per
affiancare il pontefice nella risoluzione delle controversie più importanti,
venne fornita di una nuova procedura e regolamentazione con la bolla papale
Ratio Juris del 1331. Tre furono le principali novità: 1. la costituzione di
un collegio giudicante i cui componenti venivano scelti tra
giuristi di chiara fama - non più semplici chierici-; 2. la procedura di
decisione che prevedeva la delega del caso ad un magistrato referente il
quale studiava la fattispecie, e la riferiva al collegio che doveva, a sua
volta, approvarne la risoluzione. 3. Il risultato fu l’elaborazione di sentenze
particolarmente motivate in fatto e in diritto, non più mera espressione di un
potere sovrano in cui legislazione e giurisdizione si confondevano nelle mani
dell’unica persona del papa, la quale era in grado di cambiare le norme nel
momento stesso della loro applicazione, ma espressione di un potere giudiziario
che giudica in nome del papa, applicando
l’ordinamento già esistente, configurandosi in tal modo un embrione di
separazione delle funzioni.
L’esempio ecclesiastico fu seguito anche
dai regni laici i quali si dotarono di Tribunali centrali sul modello di quello
della Sacra Rota, dotati di magistrati selezionati in base ai criteri di
competenza e autorevolezza in affiancamento al potere regio. Ne sono alcuni
esempi il Parlamento di Parigi, il Sacro Regio Consiglio del Regno di Sicilia,
i Senati di Milano e Torino e la Rota Fiorentina.
La motivazione delle decisioni emesse
dai giudici autorevoli dei grandi tribunali, rendendo più facilmente
rintracciabili le rationes
utili al ragionamento e alle tecniche argomentative del giurista,
facilitò la proliferazione di vere e proprie collezioni di decisiones. Si registra, pertanto, una crescente importanza del
“precedente” giuridico, che prescinde – come invece era stato in passato- dalla
letteratura cd “questionante” e si inserisce nel fenomeno di trasformazione del
panorama delle fonti del diritto quale elemento dotato di propria autonomia: il
“problema del precedente” nel diritto di continentale riguarda proprio la forza
del provvedimento giudiziale, formalmente non vincolante ma sostanzialmente
dotato di reale forza precettiva in ragione dell’autorevolezza del soggetto che
lo ha “confezionato”.
Proprio per questa caratteristica di
essere redatte da personaggi autorevoli, le interpretazioni normative esplicate
nelle decisiones si ricollegano al
sistema degli “argumenta”, metodi
argomentativi utilizzati dalla “vecchia dottrina” per la risoluzione delle
questioni più disparate. Il più utilizzato tra le tecniche argomentative in
questione fu, appunto, l’argumentum ab
auctoritate che, nel caso di più alternative possibili per la risoluzione
della questione di volta in volta esaminata, vedeva la soluzione del caso in
quella adottata dal giurista più autorevole.
Durante il ‘400, poi, l’Europa assiste ad ulteriori fenomeni storici che ebbero
immediata ripercussione sul mondo del diritto.
1. In primo luogo la crisi
profondissima dell’universalismo della Chiesa, inquietudine religiosa sviluppatasi
progressivamente fin dal Trecento, che culmina in tutta Europa in istante di
nazionalizzazione delle chiese: se con il protestantesimo e la creazione delle
chiese -protestanti- nazionali tale fermento raggiungerà la sua formulazione
più compiuta, esso non risparmiò neanche i regni rimasti cattolici.
Proprio a partire dal regno di Francia,
in cui a metà del trecento nacque la Chiesa Gallicana sottoposta a particolare
ed autonomo statuto, crebbe in Europa un movimento di forte tensione con il
potere centrale e di indipendenza delle Chiese regionali rispetto alla Sede
Romana che prefigurò la riforma del XVI secolo. Persino il cattolicissimo regno
di Aragona non rimase immune a questa nuova tendenza e le pressioni al papa per
l’ottenimento di un tribunale dell’Inquisizione parzialmente indipendente e
nazionale si fecero sempre più insistenti. L’ortodossia radicale del
cattolicesimo spagnolo culminò nel 1492 in un episodio di forte nazionalismo:
l’espulsione dal regno di tutti i mussulmani e tutti gli ebrei che avevano
rifiutato la conversione. Questo fenomeno di uniformazione forzata trova le
proprie radici nell’idea – già costantiniana- dell’utilizzo della religione per
l’interesse dello stato, per la creazione, cioè di un’identità nazionale
attraverso l’identità del credo più che di condivisione di valori civili. Tale
idea ebbe applicazione anche durante la conquista delle popolazioni
dell’America Latina, assoggettate alla corona spagnola e al cattolicesimo di
stato.
2. Il secondo fenomeno di innovazione fu l’invenzione della stampa. Quest’ultima
ebbe un enorme impatto sul piano economico: con la stampa il bene libro divenne
disponibile per un mercato molto più ampio, contribuendo ad un ampliamento
della cultura grazie alla sua più facile divulgazione.
Nell’ottica di una più ampia circolazione dei testi, mutarono anche
la mentalità e la metodologia scientifiche ora improntate alla
stabilizzazione e al consolidamento dei testi giuridici.
3. Il terzo grande mutamento, legato al fenomeno innovativo della stampa, è
la grande trasformazione culturale che si ebbe con il consolidamento della scienza filologica, caratterizzata da un approccio critico alle
fonti che ben presto incise anche il mondo del diritto. Lo
spirito indagatore alla base di tutte le principali discipline e scienze del
XVI secolo si tradusse, nel diritto, in uno studio analitico e critico del
testo. Questo atteggiamento di diffidenza nei confronti dei testi, a ben
guardare, riflette un più generale atteggiamento di analisi e ricerca del vero
discostandosi dalla passiva accettazione acritica delle fonti e dei testi
tramandati dalla tradizione. È questa la principale critica mossa dagli
studiosi umanisti alla tradizione dottrinale dei giuristi, schiavi ossequiosi
del testo privi di spirito critico nei suoi confronti.
L’atteggiamento critico toccò, dunque, molto presto i testi giuridici
intaccando quella stabilità acquisita nel tempo, base dell’impalcatura logica e
concettuale su di essa costruita dalla vecchia scienza giuridica.
La filologia consentiva al letterato di identificare, attraverso lo studio
della lingua, l’epoca in cui il testo era stato scritto e quindi l’autenticità
o meno di esso. Uno dei più famosi filologi del quattrocento, Lorenzo Valla che,
denunciò la falsità della donazione di Costantino, operò, criticandolo, sul
testo del Digesto nella versione della Vulgata individuandone tutte le cd “varianti”,
gli errori di copiatura che non solo erano molto frequenti ma, a volte,
risultavano determinanti.
La critica filologica del Digesto fu perfezionata grazie anche al suo
confronto con il manoscritto di epoca giustinianea conservato a Firenze dalla
stirpe medicea: le Pandette Fiorentine. Angelo Poliziano confrontò
la Littera con una delle prime edizioni a stampa della Vulgata, annotandone
tutte le differenze. Tra queste le principali erano rappresentate dalle parti
greche, da sempre tralasciate nella copiatura delle versioni occidentali del
Digesto.
Il completamento, con i frammenti greci, del Digesto e, soprattutto, delle
constitutiones greche del Codice è, inoltre, legato ad un importante
avvenimento storico: la conquista mussulmana di Costantinopoli del 1453 e la
fine dell’impero romano d’Oriente, che provocò la trasmigrazione di molti
intellettuali bizantini – e della loro cultura- in Occidente.
A cura di Chiara
Casuccio
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