martedì 28 novembre 2017

Lezione del 28 novembre 2017

L’età del diritto comune maturo è caratterizzata dalla complessità del fenomeno giuridico e coesistenza di molteplici complessi normativi, coordinati tra loro alla luce dei principi generali.
L’arco temporale che va dagli inizi del ‘300 alla fine del ‘400 è un periodo di grande rinnovamento, caratterizzato da innovazioni culturali e politiche che riversarono quasi immediatamente i propri effetti sul piano giuridico.
La prima di tali trasformazioni riguarda la costituzione ed il potenziamento dei cd “grandi tribunali centrali” i quali ricevono un’organizzazione diversa rispetto al passato e diventano importanti fonti di coordinamento e “razionalizzazione” del diritto.
Il prototipo di detti tribunali è rappresentato è la Sacra Rota che, istituita durante il periodo avignonese per affiancare il pontefice nella risoluzione delle controversie più importanti, venne fornita di una nuova procedura e regolamentazione con la bolla papale Ratio Juris del 1331. Tre furono le principali novità: 1. la costituzione di un collegio giudicante i cui componenti venivano scelti tra giuristi di chiara fama - non più semplici chierici-; 2. la procedura di decisione che prevedeva la delega del caso ad un magistrato referente il quale studiava la fattispecie, e la riferiva al collegio che doveva, a sua volta, approvarne la risoluzione. 3. Il risultato fu l’elaborazione di sentenze particolarmente motivate in fatto e in diritto, non più mera espressione di un potere sovrano in cui legislazione e giurisdizione si confondevano nelle mani dell’unica persona del papa, la quale era in grado di cambiare le norme nel momento stesso della loro applicazione, ma espressione di un potere giudiziario che giudica in nome del papa, applicando l’ordinamento già esistente, configurandosi in tal modo un embrione di separazione delle funzioni.
L’esempio ecclesiastico fu seguito anche dai regni laici i quali si dotarono di Tribunali centrali sul modello di quello della Sacra Rota, dotati di magistrati selezionati in base ai criteri di competenza e autorevolezza in affiancamento al potere regio. Ne sono alcuni esempi il Parlamento di Parigi, il Sacro Regio Consiglio del Regno di Sicilia, i Senati di Milano e Torino e la Rota Fiorentina.
La motivazione delle decisioni emesse dai giudici autorevoli dei grandi tribunali, rendendo più facilmente rintracciabili le rationes utili al ragionamento e alle tecniche argomentative del giurista, facilitò la proliferazione di vere e proprie collezioni di decisiones. Si registra, pertanto, una crescente importanza del “precedente” giuridico, che prescinde – come invece era stato in passato- dalla letteratura cd “questionante” e si inserisce nel fenomeno di trasformazione del panorama delle fonti del diritto quale elemento dotato di propria autonomia: il “problema del precedente” nel diritto di continentale riguarda proprio la forza del provvedimento giudiziale, formalmente non vincolante ma sostanzialmente dotato di reale forza precettiva in ragione dell’autorevolezza del soggetto che lo ha “confezionato”.
Proprio per questa caratteristica di essere redatte da personaggi autorevoli, le interpretazioni normative esplicate nelle decisiones si ricollegano al sistema degli “argumenta”, metodi argomentativi utilizzati dalla “vecchia dottrina” per la risoluzione delle questioni più disparate. Il più utilizzato tra le tecniche argomentative in questione fu, appunto, l’argumentum ab auctoritate che, nel caso di più alternative possibili per la risoluzione della questione di volta in volta esaminata, vedeva la soluzione del caso in quella adottata dal giurista più autorevole.
Durante il ‘400, poi, l’Europa assiste ad ulteriori fenomeni storici che ebbero immediata ripercussione sul mondo del diritto.

1. In primo luogo la crisi profondissima dell’universalismo della Chiesa, inquietudine religiosa sviluppatasi progressivamente fin dal Trecento, che culmina in tutta Europa in istante di nazionalizzazione delle chiese: se con il protestantesimo e la creazione delle chiese -protestanti- nazionali tale fermento raggiungerà la sua formulazione più compiuta, esso non risparmiò neanche i regni rimasti cattolici.
Proprio a partire dal regno di Francia, in cui a metà del trecento nacque la Chiesa Gallicana sottoposta a particolare ed autonomo statuto, crebbe in Europa un movimento di forte tensione con il potere centrale e di indipendenza delle Chiese regionali rispetto alla Sede Romana che prefigurò la riforma del XVI secolo. Persino il cattolicissimo regno di Aragona non rimase immune a questa nuova tendenza e le pressioni al papa per l’ottenimento di un tribunale dell’Inquisizione parzialmente indipendente e nazionale si fecero sempre più insistenti. L’ortodossia radicale del cattolicesimo spagnolo culminò nel 1492 in un episodio di forte nazionalismo: l’espulsione dal regno di tutti i mussulmani e tutti gli ebrei che avevano rifiutato la conversione. Questo fenomeno di uniformazione forzata trova le proprie radici nell’idea – già costantiniana- dell’utilizzo della religione per l’interesse dello stato, per la creazione, cioè di un’identità nazionale attraverso l’identità del credo più che di condivisione di valori civili. Tale idea ebbe applicazione anche durante la conquista delle popolazioni dell’America Latina, assoggettate alla corona spagnola e al cattolicesimo di stato.
2. Il secondo fenomeno di innovazione fu l’invenzione della stampa. Quest’ultima ebbe un enorme impatto sul piano economico: con la stampa il bene libro divenne disponibile per un mercato molto più ampio, contribuendo ad un ampliamento della cultura grazie alla sua più facile divulgazione.
Nell’ottica di una più ampia circolazione dei testi, mutarono anche la mentalità e la metodologia scientifiche ora improntate alla stabilizzazione e al consolidamento dei testi giuridici.
3. Il terzo grande mutamento, legato al fenomeno innovativo della stampa, è la grande trasformazione culturale che si ebbe con il consolidamento della scienza filologica, caratterizzata da un approccio critico alle fonti che ben presto incise anche il mondo del diritto. Lo spirito indagatore alla base di tutte le principali discipline e scienze del XVI secolo si tradusse, nel diritto, in uno studio analitico e critico del testo. Questo atteggiamento di diffidenza nei confronti dei testi, a ben guardare, riflette un più generale atteggiamento di analisi e ricerca del vero discostandosi dalla passiva accettazione acritica delle fonti e dei testi tramandati dalla tradizione. È questa la principale critica mossa dagli studiosi umanisti alla tradizione dottrinale dei giuristi, schiavi ossequiosi del testo privi di spirito critico nei suoi confronti.
L’atteggiamento critico toccò, dunque, molto presto i testi giuridici intaccando quella stabilità acquisita nel tempo, base dell’impalcatura logica e concettuale su di essa costruita dalla vecchia scienza giuridica.
La filologia consentiva al letterato di identificare, attraverso lo studio della lingua, l’epoca in cui il testo era stato scritto e quindi l’autenticità o meno di esso. Uno dei più famosi filologi del quattrocento, Lorenzo Valla che, denunciò la falsità della donazione di Costantino, operò, criticandolo, sul testo del Digesto nella versione della Vulgata individuandone tutte le cd “varianti”, gli errori di copiatura che non solo erano molto frequenti ma, a volte, risultavano determinanti.
La critica filologica del Digesto fu perfezionata grazie anche al suo confronto con il manoscritto di epoca giustinianea conservato a Firenze dalla stirpe medicea: le Pandette Fiorentine. Angelo Poliziano confrontò la Littera con una delle prime edizioni a stampa della Vulgata, annotandone tutte le differenze. Tra queste le principali erano rappresentate dalle parti greche, da sempre tralasciate nella copiatura delle versioni occidentali del Digesto.
Il completamento, con i frammenti greci, del Digesto e, soprattutto, delle constitutiones greche del Codice è, inoltre, legato ad un importante avvenimento storico: la conquista mussulmana di Costantinopoli del 1453 e la fine dell’impero romano d’Oriente, che provocò la trasmigrazione di molti intellettuali bizantini – e della loro cultura- in Occidente.
A cura di Chiara Casuccio


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